L’adozione di un figlio, dal desiderio alla realtà
Per adottare un bambino italiano occorre essere sposati e avere una differenza d'età con il minore tra i 18 e i 45 anni. E per l'adozione internazionale è obbligatorio affidarsi a un ente autorizzato. Ecco come muoversi
Generare un figlio “carnalmente” non sempre è possibile. Ma se la natura dice no, il desiderio di essere madre e padre può essere esaudito ugualmente. Non con tecniche medicali esasperate, ma con il cuore, aprendo la propria famiglia a un bambino che non l’ha, adottandolo. Un passo importante, che cambierà la vita di tutti, genitori e figli, ma non semplice. Vediamo quindi chi, come e quando si può adottare.
Sterilità, l’elaborazione del lutto
Da subito occorre ricordare l’adozione non è una cura della sterilità e che non è automatica né la scelta di adottare un figlio né la possibilità di adottarlo e che non esiste un “diritto al figlio”: la legislazione italiana riconosce il diritto di ogni bambino ad avere una famiglia, non viceversa.
[dup_immagine align=”alignleft” id=”122342″]Prima di affrontare le difficoltà – burocratiche e psicologiche – dell’adozione occorre pertanto “elaborare il lutto”, ossia riconoscere, affrontare e accettare la propria sterilità fisica. È questo una strada che non si percorre da soli, ma non necessariamente occorre sottoporsi a sedute di psicoterapia: non siete i primi e non siete i soli, molte altre coppie hanno già attraversato questo momento drammatico della propria vita e sono pronte ad accompagnarvi in questo cammino. In moltissime città esistono gruppi di auto-mutuo aiuto che organizzano incontri pre e post adozione. Tra le associazioni nazionali che hanno una presenza articolata sul territorio segnaliamo Famiglie per l’accoglienza e Anfaa. L’opportunità di partecipare ai seminari informativi pre adozione è anche evidenziata dagli stessi tribunale dei minori che danno come riferimento i Centri adozione esistenti in ogni Asl o Comune.
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Chi può adottare in Italia
[dup_immagine align=”alignright” id=”122344″]L’adozione speciale, cioè quella che riguarda i minorenni – ovvero dalla nascita ai 18 anni, dichiarati in stato di adottabilità e che comporta il completo distacco dalla famiglia d’origine – è disciplinata dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, così come modificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 149 e dalla Convenzione de L’Aja del 1993. Prevede che ad adottare sia una coppia sposata da almeno tre anni – o che possa maturare il periodo previsto comprendendo anche la stabile e dimostrabile convivenza pre matrimonio -, che non si sia mai separata neanche di fatto e che non abbia avuto condanne penali o non abbia procedimenti penali in corso. Inoltre, la differenza di età tra adottanti e adottato deve essere tra i 18 e i 45 anni (rispetto al coniuge più giovane) e la coppia deve essere in grado di educare, istruire e mantenere il figlio adottivo.
In alcuni casi particolari, possono adottare anche i single o chi ha una maggiore differenza di età: ad esempio quando c’è un vincolo di parentela con il minore fino al sesto grado o un preesistente rapporto stabile e duraturo, quando il minore sia orfano di padre e di madre oppure si trovi in condizioni di handicap accertato.
La domanda d’adozione nazionale
La coppia che intende adottare un bambino italiano deve dare la propria disponibilità, compilando un apposito modulo e corredandolo della documentazione richiesta, a un tribunale per i minorenni. Può inoltrarla contemporaneamente anche a più tribunali con l’obbligo però di rendere noto il fatto ad ogni cancelleria. Attenzione: l’adozione non riguarda solo la coppia interessata, ma coinvolge l’intera famiglia – dal punto di vista affettivo ma anche da quello giuridico – pertanto occorre il consenso dei genitori (ovviamente se viventi) dei coniugi richiedenti, ossia dei futuri nonni.
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Dopo aver fornito sintetici dati sulla situazione lavorativa, economica ed abitativa, ecco il momento di mettere nero su bianco le proprie “preferenze”: è una scelta delicata perché da queste partirà il confronto prima con le assistenti sociali e poi con i giudici minorili. Età del minore: si può dare massima disponibilità oppure indicare se si vuole adottare un bambino fino a 3, 6, 10 anni od oltre; o solo un neonato con nessun problema oppure anche con problemi sanitari. Ma il panel di possibilità non finisce qui, perché bisogna esprimere la propria disponibilità anche sulle caratteristiche dell’adottando: bambini di colore e diversa etnia; bambini con “rischio evolutivo”; figli di tossicodipendenti, alcolisti, malati psichici; bambini con disabilità lievi o reversibili; bambini sieropositivi; ogni tipo di handicap; bambini maltrattati; bambini abusati sessualmente; bambini vittime di fallimenti adottivi; bambini a “rischio giuridico” (per i quali ad esempio c’è la possibilità della revoca della dichiarazione d’adottabilità). In ultimo, bisogna anche dire se si è disponibili ad adottare due o più bambini insieme. Presentata la domanda – che decade dopo 3 anni – inizia l‘iter burocratico: il primo passo sono i colloqui con i servizi sociali territoriali, che entro 120 giorni (tempo che può essere prorogato solo una volta per altrettanti giorni) stileranno una relazione sulla famiglia; quindi il tutto passerà nelle mani del giudice minorile. Un nota bene non indifferente in un periodo in cui la quasi totalità dei minori adottabili è “special needs”, ossia ha bisogni speciali vuoi per problemi sanitari, vuoi per forti privazioni affettive, vuoi perché magari sono più fratelli insieme: la legge prevede che il giudice dia “la precedenza nella istruttoria alle domande dirette all’adozione di minori di età superiore a cinque anni o con handicap accertato”. Se tutto è andato per il verso giusto, verrà emesso un decreto di idoneità all’adozione.
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Ora c’è da aspettare solo l’abbinamento: se la coppia l’accetta (e se ha più di 14 anni ci deve essere anche l’assenso del minore), si procede all’affidamento preadottivo di un anno monitorato dai servizi sociali al termine del quale, se la valutazione è positiva, l’adozione diventerà effettiva. Attenzione: l’affidamento preadottivo è finalizzato all’adozione mentre l’affido famigliare – con il quale non va confuso nonostante l’affinità dei termini – prevede l’affiancamento alla famiglia d’origine e ha come obiettivo il rientro del minore in essa dopo la risoluzione dei problemi che ne hanno causato l’allontanamento.
La domanda di adozione internazionale
In Italia nascono sempre meno bambini, e molti dei minori in condizioni di disagio seguiti dai servizi sociali non sono in stato di abbandono e quindi non sono adottabili. Molti aspiranti genitori quindi aprono gli orizzonti della propria disponibilità pensando d’adottare minori stranieri. L’adozione internazionale è un’adozione di un bambino straniero effettuata nel suo paese d’origine secondo le leggi lì vigenti; per essere valida in Italia occorre seguire delle apposite procedure stabilite a livello internazionale: se non vengono rispettate, l’adozione non sarà valida nel nostro Paese, anzi il bambino non potrebbe neanche varcare la dogana.
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Cosa fare, quindi? Innanzitutto comunicare al tribunale per i minorenni di residenza la propria disponibilità all’adozione internazionale. Dopo la consueta indagine dei servizi sociali, il tribunale ha due mesi di tempo per emettere o rifiutare il decreto di idoneità. Può anche essere richiesto un supplemento di riflessione o essere emesso un decreto di idoneità parziale, ossia con dei vincoli riguardanti ad esempio l’etnia.Entro un anno dal decreto di idoneità va scelto, tra quelli autorizzati dalla Cai – Commissione per le adozioni internazionali, l’ente che seguirà tutta la pratica all’estero. Ogni adozione che non segue questa prassi non sarà valida.
Anche se può apparire superfluo, è bene ricordare che adozione internazionale e adozione a distanza sono due istituti completamente diversi, anche se riguardano sempre minori stranieri. Anzi, in una logica di sussidiarietà la seconda, aiutando i minori lì dove vivono, tende a rendere superflua – nel limite del possibile – la prima.
Tempi e costi
Abbiamo già accennato sopra ai tempi per la procedura burocratica. Quello che non si può quantificare è il tempo necessario per gli abbinamenti, nel caso dell’adozione nazionale, e delle pratiche amministrative e legali nei Paesi esteri nel caso dell’adozione internazionale. Per quanto riguarda il capitolo costi, va da sé che l’adozione internazionale richiede un notevole impegno finanziario sia per quanto concerne la documentazione e gli atti legali – che devono avere sempre una traduzione legale – sia per i costi di viaggio e di permanenza in loco – che in alcune nazioni può avere una discreta durata – degli aspiranti genitori. Sul sito della Cai sono pubblicati i costi di ciascun ente autorizzato mentre la sezione dei costi per Paese è ad oggi (luglio 2014) in aggiornamento. Ricordiamo che per legge è previsto un rimborso a posteriori di una parte delle spese sostenute per l’adozione internazionale, mentre alcuni istituti bancari prevedono finanziamenti ad hoc a tassi agevolati.