Ricette dal Carnevale di Putignano: le rape con la farinella

La reinterpretazione moderna di una ricetta antica che ha dato il nome a una maschera di Carnevale. Scopriamo insieme la Farinella di Putignano.

04/02/2016

Dopo Trento e Verona, viaggiamo dall’altra parte dello Stivale per scoprire la farinella, un prodotto gastronomico celebrato durante il Carnevale di Putignano (Bari) che, con la sua fondazione datata 1394, è uno dei più antichi d’Italia.

La maschera simbolo del Carnevale di Putignano è – per l’appunto – Farinella, un personaggio vestito da jolly con abiti multicolori e un cappello a sonagli; nonostante l’aspetto da buffone, Farinella nasconde l’antico volto dell’alimentazione rurale nella cittadina murgiana.

Spesso accade che le maschere italiane siano legate al cibo e Farinella deriva il suo nome dall’omonimo sfarinato di ceci e orzo macinati e tostati. In un tempo lontano, la farinella era il pasto dei contadini al lavoro nei campi. Oggi si potrebbe definire un superfood: era mangiata così com’era, al posto del pane, accompagnandola a fichi freschi o secchi. Nutriente e facile da trasportare, era sempre conservata in un sacchetto di tela da appendere alla vita dei pantaloni, lo stesso che si vede nel costume carnevalesco. Con il tempo conquistò perfino i palati dei signori, come ingrediente di sostanza per ricette più ricche e goderecce di quelle necessarie alla semplice sopravvivenza, sino a legare il suo gustoso sapore al nome della maschera carnevalesca.

Oggi si possono seguire le tracce della sua identità di alimento antico nel laboratorio di Paolo Campanella, ultimo e unico depositario dell’antico mestiere di mugnaio a Putignano. L’attività che la sua famiglia si tramanda da quattro generazioni sopravvive nell’antica macina in pietra, composta da due dischi non più grandi di 60 cm di diametro; la macina lavora solo orzo e ceci locali, coltivati a Putignano o nella vicina Altamura. Alla materia prima, Paolo Campanella aggiunge i gesti, frutto di una manualità che ha per scienza esatta solo il tatto, capace di valutare il momento preciso in cui lo sfarinato è pronto.


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«Il procedimento, in ogni caso, non si presta ad essere industriale per tempo e pazienza: i ceci e l’orzo vanno prima tostati e poi macinati con cura perché la “farina cotta” non deve essere troppo grossolana e tanto meno troppo fine» – spiega Campanella che, nel suo laboratorio, non supera la soglia produttiva dei 70 quintali annui, con un picco di richiesta in aumento durante il carnevale.

Come si usa la farinella in cucina? Si spolvera sopra la verdura bollita ma anche sulla pasta al ragù; si gusta semplicemente con olio extravergine a crudo o zuccherata. Questa chicca gastronomica sopravvive anche grazie alla reinterpretazione moderna di antiche ricette, come quella che segue, creata da Stefano d’Onghia, patron e chef di Osteria Botteghe antiche.

RAPE STUFATE IN BRODETTO E POLVERE DI FARINELLA

Pulite 500 g di cime di rapa e stufatele con olio, aglio e peperoncino. Aggiungete qualche pomodorino. Preparate un brodo vegetale che servirà per la composizione del piatto. Servite le rape in un piatto fondo, affogate nel brodo bollente. Cospargete il piatto con 2 cucchiai di farinella, un crostino di pane e un filo d’olio extravergine (pugliese).