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Non sono un assassino, il bel noir con Scamarcio, Boni e Pesce: quanto è ingannevole la verità?

Può un’amicizia trentennale trasformarsi in una resa dei conti con delitto? E quante facce può avere una verità? Non sono un assassino, il thriller legale con Riccardo Scamarcio, Alessio Boni e Stefano Pesce dal 30 aprile al cinema per la regia di Andrea Zaccariello porta sul grande schermo l’omonimo romanzo del magistrato Francesco Caringella.

Il film rispetta tutte le regole del buon noir: l’adattamento della trama per il cinema funziona molto bene nel tenere lo spettatore costantemente nel dubbio, portandolo dapprima a credere alla tesi principale del film e poi a maturare progressivamente più d’un dubbio su quale sia la verità storica al di là di quella stabilita processualmente.

Perché da un lato ci sono i fatti, l’assassinio dello stimato giudice Giovanni Mastropaolo (Boni) di cui viene accusato il suo migliore amico, il vicequestore Francesco Prencipe (Scamarcio) che non sentiva da due anni e che è stato l’ultimo a vederlo vivo, dall’altra c’è la ricostruzione degli stessi fatti in un’aula giudiziaria a partire da elementi apparentemente orientati in direzione della colpevolezza.

Il dubbio che la verità storica coincida con quella accreditata come tale in un’aula di tribunale pervade tutto il racconto, guidando chi guarda in uno slalom tra il sostegno alla tesi dell’innocenza e quello alla tesi della colpevolezza. Uno slalom a cui lo spettatore viene indotto dai diversi piani temporali del racconto, almeno tre: da un lato il tempo presente con l’accusa di omicidio basata su indizi e testimoni da cui il protagonista cerca di scampare con l’aiuto dell’avvocato amico di una vita (Edoardo Pesce), dall’altro la ricostruzione dell’amicizia dei tre personaggi principali negli anni precedenti il delitto, infine la loro adolescenza in cui è maturata un’amicizia apparentemente indissolubile.

L’amicizia è proprio uno dei temi portanti del film: tre uomini molto diversi, pieni di ambizioni ma anche alla scoperta delle proprie debolezze, stringono un patto di sangue da ragazzi, giurando su una chiave che apre un cassetto misterioso e su quel patto fonderanno le loro relazioni reciproche, fatte di fiducia, supporto ma anche di scontri amari e, si scoprirà, terribili menzogne.

I personaggi, tutti ben caratterizzati, si rivelano a poco a poco mostrando lati oscuri che vanno dalla paura della solitudine e del tradimento da parte del giudice al fascino del potere subito dal vizioso vicequestore, passando per l’indole da stalker e la dipendenza dall’alcol dell’avvocato.


[dup_immagine align=”aligncenter” id=”979136″]Tra i punti forti del film c’è sicuramente l’ambientazione in una Puglia selvaggia e dai colori oscuri, tra terre aride e desolate nel presente che fanno da contraltare ai colori accesi e caldi dei ricordi dei protagonisti. Tra le debolezze, invece, c’è sicuramente la ricostruzione della prima giovinezza dei protagonisti, con tre giovani attori dalle voci doppiate che non contribuiscono al realismo del film.

Ma l’errore più vistoso è aver scelto una pur bravissima attrice come Claudia Gerini per un ruolo che non le si addice: nei panni del pubblico ministero che rappresenta l’accusa al processo per l’omicidio del giudice, il suo accento siciliano risulta fin troppo finto, così come la voce nasale troppo forzata. Caratterizzazioni che evidentemente appartengono al personaggio del romanzo ma che nel film vengono rese inverosimili da un’attrice romana costretta a calarsi in uno spiccato accento del sud, al punto da suscitare ilarità in chi guarda.

Nel complesso però Non sono un assassino è un noir/thriller legale perfettamente capace di tenere lo spettatore in tensione fino al colpo di scena rivelatore finale, ricco di elementi narrativi tutti funzionali alla storia e dunque non inutilmente barocco, forte nella storia e nell’interpretazione dei protagonisti (soprattutto quella di uno straordinario Stefano Pesce capace di oscurare gli interpreti di vittima e presunto carnefice). Dal 30 aprile al cinema.

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Claudia Gagliardi

Lavoro con le parole, soprattutto quelle scritte, sin da quando ho scelto di studiare Comunicazione all’università. Adoro le storie, pensate, raccontate, messe in scena, soprattutto quando attingono da elementi di realtà. Attualmente sono impiegata presso la testata OptiMagazine.com, per cui gestisco il canale Serie Tv e curo la rubrica Serial Stalkers dedicata all’universo delle serie televisive, amministrando anche l'omonima pagina Facebook. Per hobby sono admin della community (Facebook, Twitter, Instagram) Maratoneti di Mentana.

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