Gérard Depardieu: "voglio sette passaporti"
Un cittadino del mondo, uomo libero, attore franco-russo. Così si descrive e sente Gerard Depardieu. L’ha affermato in un’intervista al “Le Journal du Dimanche” (JDD). Sei mesi fa era diventato cittadino russo, aprendo grandi polemiche in Francia per la scelta di portare i propri averi fuori confine, criticata soprattutto dal primo ministro Jean-Marc Ayrault, che aveva definito simili comportamenti patetiche mosse dovute a ragioni di convenienza fiscale – e a cui l’attore aveva indirizzato una pepatissima lettera aperta in data 15 dicembre, dopo le accuse relative al suo trasferimento in Belgio, a Nechin.
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E così, dopo l’abbraccio di Putin, Depardieu ha ora deciso di restituire il passaporto francese – così almeno ha dichiarato – per collezionare quante più altre nazionalità possibili, tra cui quella algerina. La spinta di fondo? Coerenza con quello “spirito teppista” che l’ha reso tanto amato in patria e fuori e che per ora l’ha portato a possedere sette passaporti di “stati che ama”.
Tanto da non aver timori nel rifiutare la definizione di esilio fiscale con cui la stampa transalpina aveva all’epoca bollato l’acquisizione della nazionalità russa, o di raccontare quante tasse paghi in ognuno dei paesi in cui vive, e a parlare della situazione politica francese, con Sarkozy e Hollande – e soprattutto con la decisione di Hollande di tassare i grandi patrimoni al 75 per cento, e di Vladimir Putin.
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Né di rispondere alla domanda – che un po’ tutti ci eravamo fatti – su cosa ci faccia in Russia. Semplice: ci vive. Fa film e tratta i propri affari: dal cinema a negozi e ristorazione, attività che porta avanti anche nella stessa Francia – non a caso l’intervista è stata fatta nel sesto distretto di Parigi, elegantissimo quartiere in cui Depardieu possiede un negozio di pesce e un bistrot. E si occupa pure di turismo, con l’obiettivo di promuoverlo soprattutto nella zona in cui ha preso casa: nei pressi di Saransk, a ben 700 chilometri da Mosca, nella Repubblica di Mordovia, nota per i campi di prigionia sovietici.
La differenza? Che in Russia le tasse sono al 13 per cento. E per di più, lì la sua attività si colloca sotto il benestare di Putin, una sorta di mecenate, secondo le affermazioni del neo-russo Depardieu, grazie alle “tante cose fatte per la cultura, l’opera, lo sviluppo di San Pietroburgo, il restauro del patrimonio, delle chiese, dei monasteri”.
Chi sa, insomma, se il buon Gérard rimarrà in ogni caso un simbolo francese, o russo o internazionale. Quel che tiene a precisare è di non avere niente contro la Francia, quanto piuttosto contro chi si trova attualmente al potere. E di non essere l’unico a trasferire patrimonio e residenza per ragioni di convenienza fiscale. Su questo non sapremmo come dargli torto, e la prassi non è solo francese: tanti milionari nostrani ne sanno qualcosa. Si sentiranno tutti così cittadini del mondo?
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