Bambino autistico: come riconoscerlo e come comportarsi

"Mio figlio ha un comportamento "strano", non risponde se lo chiamo per nome, ha difficoltà relazionali". Potrebbe cominciare così la fase del sospetto, occorrerà indagare se il bambino appartenga o no allo spettro autistico.

01/11/2017

“L’autismo è una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo,
biologicamente determinato, con esordio nei primi 3 anni di vita. Le aree prevalentemente
interessate da uno sviluppo alterato sono quelle relative alla comunicazione sociale,
all’interazione sociale reciproca e al gioco funzionale e simbolico”.

(da “Il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti” – Ministero della Salute 2011)

Una piccola introduzione all’argomento ci sembrava doverosa, tanto è vasta e complessa la sfera che andremo a trattare. Ci limiteremo a tracciare solo alcuni aspetti: i campanelli d’allarme sul disturbo dello spettro autistico, le varie forme di autismo, i possibili interventi e gli aiuti cui i genitori possono appellarsi se trovassero strani o anomali i comportamenti dei loro bambini. Il resto lo lasciamo a chi di competenza, a quanti lavorano con estrema passione sul campo contribuendo ogni giorno ad aiutare questi bambini “speciali” a venir fuori dall’isolamento.
Va detto qui ed ora che non tutti i bambini autistici sono uguali fra loro e che con ciascuno dovrà essere aperta una finestra di dialogo.

Campanelli d’allarme: mio figlio è autistico?

Essere colti dal sospetto che vostro figlio sia “strano” è paragonabile ad una doccia fredda, eppure dopo un primo turbolento impatto dovrete parlare con qualcuno del vostro sospetto.

Ma quali sono i principali elementi che potrebbero far pensare alla sindrome autistica? Come anticipato, gli indicatori più importanti attendono alla sfera comunicativa, relazionale e comportamentale. Ma entriamo un po’ più nel dettaglio:
– i bambini registrano difficoltà nel linguaggio, che spesso risulta ripetitivo, scarsamente attinente alla situazione comunicativa o del tutto assente;
– ci sono evidenti difficoltà interattive con i coetanei e anche con gli adulti;
– i comportamenti non sono adeguati all’età e allo sviluppo mentale;
– gli interessi risultano ristretti e le condotte di gioco sono piuttosto ripetitive.


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Domande da porsi per decifrare eventuali sintomi premonitori:
[dup_immagine align=”alignleft” id=”248055″]1. mi guarda quando lo chiamo per nome?
2. quanto è facile stabilire il contatto oculare con il mio bambino?
3. quando desidera qualcosa si fa capire? (per esempio indica, usa i gesti e lo sguardo)
4. accade che ripeta la stessa azione molte volte di seguito?
5.  è ipersensibile ai rumori?
6. fa movimenti insoliti con le mani?
7. è in grado di parlare come i suoi coetanei? Gioca con gli altri bambini?
8. ha reazioni emotive esagerate rispetto alla situazione?
9. gioca “a fare finta” di prendersi cura di qualcosa, che sia una bambola o un telefono giocattolo?
10. cammina sulle punte?

Dal lato pratico e per avere conferma che il sospetto sia fondato, occorrerà fare uno screening. Ci sono vari test preliminari cui i pediatri ed altri medici specialisti possono ricorrere per avere un quadro più chiaro. Tra questi la Modified Checklist for Autism in Toddlers (M-CHAT) è un questionario che indaga su alcuni sintomi critici riconducibili all’autismo.

Un altro strumento diagnostico è lo Screening Tool for Autism in Toddler and Young Children (STAT) che, pur essendo più specifico e dettagliato rispetto al precedente, dovrà essere accompagnato da ulteriori valutazioni e diagnosi. Ad un primo screening di partenza seguirà, infatti, l’intervento di professionisti esperti. Tra gli strumenti diagnostici più specifici: il Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS-2) diviso in moduli e il Communication and Symbolic Behavior Scale (BSBS), sono entrambi validi per la prima infanzia.

Come comportarsi, cenni sugli interventi

Si può intuire che il percorso diagnostico è piuttosto complesso. Quel che è importante sottolineare è che non si tratta di esami oggettivi, per questo solo un personale esperto (neuropsichiatra infantile, psicologo, neuropsicomotricista, logopedista, educatore sanitario) può trattare la nodosa materia.

Il disturbo autistico non può essere curato ma grazie ad opportune strategie psicologiche ed educative, il bambino può migliorare le sue abilità. A seguito di un’approfondita valutazione dei punti di forza e di debolezza del piccolo si strutturano gli interventi educativi mirati con la supervisione degli specialisti e la collaborazione dei genitori. Gli obiettivi riguardano il miglioramento della comunicazione sociale, la riduzione dei comportamenti “problema” promuovendo lo sviluppo del benessere emotivo del bambino e della sua famiglia. Anche gli animali domestici, come un cane possono aiutare in questa situazione (leggi l’articolo qui).

Le aree di intervento:

comunicazione: l’intervento punta a supportare/potenziare le abilità di comunicazione verbale o fornire mezzi di comunicazione aumentativa alternativa (CAA);
comunicazione e reciprocità sociale: l’intervento mira a fornire al bambino i mezzi per mettersi in contatto in maniera adeguata con il mondo sociale circostante stimolando la “teoria della mente / theory of mind” (ToM), insegnando norme e abilità socio-conversazionali adeguate;
cognitivo-comportamentale: l’intervento comportamentale ha lo scopo di favorire l’acquisizione di nuovi comportamenti e/o modificare quelli inadeguati. Va infatti precisato che taluni comportamenti disfunzionali potrebbero scaturire da abilità “carenti” ed essere la strategia che il bambino adotta per far fronte alle difficoltà. Alcuni esempi: gestione delle attese/ del rifiuto, bassa tolleranza al cambiamento / frustrazione.