Allattamento prolungato, pro e contro

Pronte alla vostra personale avventura? Sull'allattamento al seno esistono vari schieramenti, idee e falsi miti. Scopriteli e percorrete la vostra strada.

21/10/2020

L’esperienza dell’allattamento, una diade felice che vorremmo durasse per sempre. All’inizio dell’esperienza di allattamento nessuna donna ha veramente idea di come funzioni, dagli orari alle sensazioni, fino alle giornate complicate da gestire.
Si tratta di un viaggio di cui non esiste una sola e valida esperienza ma tante diverse testimonianze, approcci e rapporti mamma-figlio. Così la durata dell’allattamento, ossia il tempo che destinerete a questa simbiosi, è molto personale e nessuno potrà realmente intervenire giudicando la vostra scelta di interrompere l’allattamento o prolungarlo fino a data da destinarsi.
In questo articolo non interveniamo sulla questione durata che, come detto, è un fatto estremamente personale e intimo, ma ricerchiamo delle informazioni attendibili circa l’allattamento (i consigli dell’Oms, per esempio) per indirizzare chi di voi stia cercando dettagli sull’allattamento e si stia facendo delle domande prima o durante l’esperienza di allattamento.

Cosa dice l’OMS

Partiamo dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dal suo consiglio generale rivolto alle mamme che intendono allattare al seno: i bambini dovrebbero essere allattati esclusivamente al seno per i primi sei mesi, poi l’allattamento materno può proseguire, integrato con cibi solidi, fino ai due anni o finché mamma e bambino lo desiderano.
Non esiste, quindi, una risposta univoca circa il tempo e la durata dell’allattamento, la nostra attenzione dovrebbe soffermarsi e non discostarsi dalla formula “finché mamma e bambino lo desiderano”.
Su questo punto, aggiungiamo una piccola e doverosa nota: servono una corretta informazione e un adeguato sostegno alle madri per permettere loro di fare scelte consapevoli, oltre ogni pregiudizio.


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Latte materno, un meccanismo perfetto

La natura ha creato un meccanismo meraviglioso secondo il quale tutti i mammiferi si nutrono con un alimento unico, completo, ecologico e formulato in modo specifico e secondo le necessità di crescita del piccolo: il latte materno. Solo dopo e gradualmente tutti i piccoli mammiferi iniziano a nutrirsi di altri cibi e diventano autonomi, abbandonando il latte della mamma. Rispetto agli umani, quando arriva questo momento? Per quanto tempo un bambino ha veramente bisogno del latte materno?

L’antropologa americana Jean Liedloff, grazie all’osservazione e agli studi compiuti in Amazzonia tra gli Yequana, una popolazione di indigeni venezuelani, è giunta a una conclusione: portando i piccoli addosso, lasciandoli liberi di sperimentare e praticando l’allattamento prolungato, questi crescevano sicuri e autonomi. Ne ha parlato nel suo libro Il concetto del continuum” nel quale parla, appunto, di una modalità di accudimento dei bambini che risponde alle loro istintive richieste.

Quando i bambini sono messi nelle condizioni di avere a disposizione il seno per tutte le volte che lo desiderano e lo richiedono (come si era soliti comportarsi anche in occidente fino a meno di un secolo fa) tendono ad abbandonarlo spontaneamente intorno ai tre anni. Non si parla di un traguardo raggiunto da tutti i bambini nello stesso momento, funziona un po’ come il parlare e il camminare. Il bimbo, posto nella condizione di svezzarsi naturalmente dal seno, può staccarsi prima o dopo. In media il distacco avviene intorno ai tre anni ma può esserci una variabilità molto ampia che può andare dall’anno ai quattro anni.
C’è chi ha correlato lo svezzamento naturale dal seno con la completa maturazione del sistema nervoso centrale, che avviene appunto intorno ai tre anni con il completamento delle guaine mieliniche (le “pellicole” che rivestono i nostri nervi).


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Fazioni allattamento: sì e no

L’alimentazione industriale ha completamente cambiato il nostro modo di valutare l’allattamento. La possibilità di avere un degno sostituto ha fatto sì che le mamme potessero decidere se allattare al seno e fino a quando farlo. Così lo svezzamento dei bambini dal seno (ossia il loro allontanamento da seno) non è stato più spontaneo o interrotto quando loro fossero stati pronti. Oggi esistono due “partiti”: le mamme pro allattamento e quelle contro. Insieme alle fazioni moderate del “sì, ma non troppo” e alle frange estreme del “fino alla maggiore età”.

Chi sostiene l’allattamento prolungato ritiene che questo debba durare oltre i 12 mesi e che i vantaggi annessi siano multipli:

  • il latte materno contiene anticorpi e protegge da comuni malattie infantili;
  • riduce il rischio di cancro al seno;
  • i bambini allattati al seno hanno un rischio ridotto di essere sovrappeso da adulti;
  • hanno meno possibilità di contrarre il diabete;
  • i bambini risultano essere più intelligenti.

La fazione delle mamme contrarie all’allattamento prolungato, sostiene che:

  • è un impegno troppo grande che potrebbe ostacolare la regolare ripresa della mamma;
  • la dieta deve essere adeguata;
  • non si possono assumere determinati medicinali;
  • le mestruazioni sono irregolari e potrebbero incidere con la fertilità.

I vantaggi dell’allattamento prolungato

Le idee di quanti sostengono l’allattamento al seno sono, in effetti, giuste, i benefici legati all’allattamento sono numerosi. Vi è un ridotto rischio per la madre di sviluppare patologie come l’osteoporosi, il tumore al seno e all’ovaio (tra l’altro il livello di questa protezione è proporzionale alla durata complessiva dell’allattamento); una maggiore protezione per i neonati da pericolose infezioni; un minor rischio di insorgenza di numerose patologie come la celiachia, il diabete, la sclerosi multipla, le allergie.

Oltre ai vantaggi di tipo strettamente medico, ve ne sono altri legati alla sfera emotivo-relazionale. Il bimbo che ha bisogno di succhiare e di star vicino alla mamma si staccherà quando sarà pronto a farlo, portando con sé un bagaglio di esperienza e sicurezza impagabile.

Le difficoltà nell’allattamento: tra opinioni non richieste e scarso sostegno

L’allattamento prolungato si scontra (il più delle volte) con numerosi giudizi non richiesti che possono svilire le buone intenzioni di una madre e convincerla che il suo sia solo un vezzo o il frutto di un attaccamento esagerato al bambino. Le mamme che allattano a lungo si sentono dire “il tuo latte è acqua”, “così non si staccherà mai” oppure “allatti ancora?”.
In realtà, l’apporto nutrizionale del latte materno anche nel bambino più grande continua a essere importante. Si stima che due o tre poppate dopo il primo anno di vita forniscano al bambino 1/3 delle calorie quotidiane.

Ciò detto, non possiamo non tener conto che l’allattamento prolungato possa scontrarsi con un sistema mal organizzato che impedisce alla donna, a parte della sua maggiore o minore convinzione, di allungare i tempi di allattamento. Ci riferiamo alle difficoltà legate al lavoro, alla delega dell’accudimento, ai messaggi contrastanti di media e operatori.
Alla luce di questi impedimenti o difficoltà, è già un enorme successo quando un bambino viene allattato esclusivamente fino a sei mesi e poi continua ad assumere latte materno fino all’anno.

I falsi miti

L’allattamento prolungato non danneggia né la mamma né il bambino. Tra i falsi miti vi è la credenza che il bambino allattato a lungo potrebbe essere un mammone. In realtà, funziona al contrario: quando il bambino sarà pronto a staccarsi, avrà un bagaglio importante di sicurezza e autonomia.
In più si pensa o si dice che il latte materno perda sostanza con il passare dei mesi e degli anni, ma ciò è un falso mito. Il latte materno continua a essere un importante apporto di liquidi e nutrienti. 

Una cosa è certa, al di là dei vari pensieri ed opinioni, resta il fatto che la scelta finale spetta solo alla mamma, in base alle proprie esigenze e alle necessità del bambino.