Certo non ha lasciato indifferenti e, se vogliamo, questo è già di per sé un pregio. Stiamo parlando del nuovo film di Terrence Malick To the Wonder, il cui primo trailer ha visto la luce nel dicembre scorso e il 4 luglio è uscito anche nelle sale italiane. E considerando il personaggio, originale a dire poco, l’accoglienza discordante del suo ultimo lavoro è poco sorprendente. Eccentrico, molto riservato, avanguardia di un cinema fatto di pennellate e “flussi di sentimenti” più che di sceneggiatura e trama, Malick è certamente un regista sui-generis: in quarant’anni di carriera, dal 1973, ha girato appena sei film, non ha mai concesso interviste e ha mantenuto la propria privacy con rigore e intransigenza. Rendendo ancora più enigmatica la sua necessità di girare un nuovo film a meno di un anno di distanza dal suo precedente The Tree of Life, Palma d’Oro a Cannes nel 2011. E, come detto, il risultato non può lasciare indifferenti.
La critica è divisa

Al fatto di avere ridotto al minimo i dialoghi e portato Ben Affleck ad una parte essenziale, minimalista, quasi poco espressiva. Con un risultato arduo da comprendere.
Probabilmente tutto ciò è vero ed è altrettanto vero che il film non è affatto facile. Ma è indubbio che il risultato rimane affascinante, non solo per la bellezza della fotografia che, così come in The Three of Life, restituisce una grande suggestione.
Ma soprattutto per le profondità umane che esplora, per le grandi domande di fronte alle quali si misura e davanti alle quale mette, quasi stringendolo alle corde, lo spettatore. Una vicenda umana che, traspare chiaramente, è quella che travolge il regista stesso che, spesso, racconta sé e non una semplice storia.
Storie parallele di uomini alla ricerca di se stessi

Due storie che si incontrano e che si scoprono la stessa storia, perché è la vicenda dell’uomo di fronte a se stesso, al senso della propria esistenza e alla propria verità ultima. Sacra o profana che sia, è un domanda ineludibile e il film, al di là di qualunque valutazione tecnica, narrativa o artistica se ne possa fare, ha il merito di affrontarla di petto, senza svicolare o dimenticarla come comunemente accade. Per questo vale la pena vederlo. Almeno per chi, come noi, non fa il critico di professione.
Photo Credit: Michael Brown
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