Se anche essere felice è vietato dalla legge
Sei giovani iraniani sono stati arrestati e costretti a fare pubblica ammenda per aver girato "Happy form Teheran", una delle innumerevoli cover del brano di Pharrell Williams che hanno inondato il web
Essere felici, esserlo sul serio, è forse l’aspirazione più grande di ogni uomo. Sarebbe forse meglio dire che si tratta di uno degli aspetti fondanti lo stesso significato dell’esistenza. Avere la possibilità di raggiungere tale scopo, o almeno di rincorrerlo con speranza, è forse addirittura un diritto. È il motivo che sta dietro alla nascita della coesistenza sociale dei popoli, al fatto che l’uomo si sia organizzato nella sua vita con gli altri uomini e che si sia dato delle regole che permettano una convivenza civile. In ultima analisi, quindi, il motivo stesso per cui esistono i governi e gli Stati. È esperienza comune quella in cui ci si scontra con situazioni in cui le leggi e lo stato sembrano non essere al “servizio” di questa innata ricerca di felicità ma autoreferenzianti, preoccupate di giustificare se stesse. È in parte inevitabile e, almeno alle nostre latitudini, un fatto mitigato dalla libertà che comunque, bene o male, al popolo non è negata. Il totalitarismo nasce esattamente quando tale situazione è la normalità dell’agire dello stato. Che, per questo, diventa paradossale nel suo agire, cosa che ne smaschera anche tutta la pochezza culturale.
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L’Iran è un bel posto per viverci
Siamo in Iran e come in tutto il mondo, seppur forse più faticosamente per le limitazioni all’accesso ad Internet imposte dal regime, si è diffusa fra i giovani la virale ondata di cover di Happy, la canzone sulla felicità di Pharrell Williams che ha contagiato tutto il mondo. Ed ecco che sei giovani di Teheran hanno pensato di emulare i loro “colleghi” di tutti i continenti e di girare una versione nella capitale dello stato investito dalla Rivoluzione degli Ajatollah del 1979. Il video, finito su YouTube attraverso Facebook, ha avuto un certo successo, ha raccolto molte visualizzazioni e ha regalato ai suoi protagonisti l’opportunità di rilasciare un’intervista finita sull’Huffington Post e su Le Monde in cui – ardire dell’ardire – assai candidamente, hanno nientemeno affermato che intendevano “raccontare al mondo che l’Iran è un posto migliore di quanto si pensi” e che “nonostante tutte le limitazioni e le pressioni i giovani sono gioiosi e vogliono rendere le cose migliori. Sanno come divertirsi, come nel resto del mondo”. Apriti cielo. A Teheran essere felici è vietato dalla legge.
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Essere felici? È contro la pubblica morale
Il video “volgare” e che urta la “castità pubblica” è entrato nel mirino della Polizia iraniana che ha individuato i ragazzi e li ha costretti a comparire sulla televisione – di Stato, naturalmente – per fare pubblica ammenda del loro inenarrabile crimine. La contraddizione è evidente e paradossale: quando uno stato, qualunque esso sia e su qualunque ideologia si basi, è impegnato a giustificare se stesso ed è preoccupato perfino di chi si dice “felice nonostante tutto”, è veramente agli sgoccioli. Perché se ha in mente di ingabbiare il cuore dell’uomo, è la storia che ce lo insegna, finirà inevitabilmente per perdere…