Il cast di "Miss Violence", film-choc al Lido / photo: Biennale di Venezia
A Venezia continuano le proiezioni dei film in concorso, ed ecco per voi la seconda tranche (dei primi abbiamo parlato qui). Piuttosto forte, a dire il vero, sia per tematiche sie per linguaggio. Anche se la palma – ops, il leone – del film “più crudele” di quelli presenti a questa 70esima edizione della Mostra del Cinema se l’aggiudica Moebius, del sudcoreano Kim Ki-duk, ripetutamente censurato in patria e in prima mondiale in Laguna.
L’omonimia col romanzo a tinte forti di Cormac McCarthy di ormai qualche anno fa – pubblicato in Italia da Einaudi nel 2000 col titolo Figlio di Dio – non è solo un caso: è proprio dal libro dell’autore americano che James Franco ha tratto il suo film, interpretato da Scott Haze, Tim Blake Nelson e Jim Parrack. La trama? Un serial killer necrofilo che uccide donne per poi stuprarle, e vive in caverne con le sue vittime ed enormi peluche. Non leggero, certamente, ma accolto con applausi fin dalla prima proiezione per la stampa. E con fan in visibilio per il bel regista fin dall’arrivo sul Lido.
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Altro film per palati forti: violenza domestica, pedofilia, incesto. Una catena che unisce di un legame morboso e scandaloso tre generazioni di una famiglia. A spezzarla, la nipote undicenne, che si getta dal balcone durante i festeggiamenti del suo compleanno. Inutile specificare che la pellicola al Lido ha scioccato tutti, finale compreso. “Niente happy ending, il finale è a doppio senso: nessuno decide di fermare la violenza, la porta rimane chiusa, perché è la brutta storia che accade accanto a noi e nessuno vuole vedere”, ha spiegato Avranas, alla sua seconda prova da regista.
Non si tira il fiato nemmeno con la pellicola del regista Xavier Dolan. Un thriller psicologico ambientato nel Quebéc che racconta la storia di un giovane pubblicitario – interpretato dallo stesso Dolan, vero enfant prodige del cinema canadese – che si reca in campagna per assistere a un funerale. Ma lì nessuno sa niente di lui né di che rapporti avesse con il defunto. Tra omosessualità, omofobia, sindrome di Stoccolma.
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In confronto a questi, Parkland sembra una boccata d’aria buona. Eppure è una ricostruzione storica delle vicende del 22 novembre 1963 a Dallas e dell’assassinio del presidente John F. Kennedy. Il titolo deriva dall’ospedale dove Kennedy venne ricoverato, il Parkland Memorial Hospital. Infermiere, agenti segreti, poliziotti locali: quando le storie di persone comuni entrano nel vortice della Storia. “Come un grande polipo, con più storie che partono e si sviluppano partendo da un unico avvenimento”, ha spiegato Landesman.
La dolce e commovente storia di un giovane che sogna di diventare pilota e che, senza rendersene conto, diventerà, suo malgrado, una gloria dell’aeronautica giapponese. Tra amore e guerra, e scienza al servizio della guerra. Per dichiarazione dello stesso Miyazaki, si tratta dell’ultimo film del regista giapponese già premio Oscar per La città incantata, oltre che Orso d’oro e Leone alla carriera. Ma Le vent se leve, il faut tenter de vivre: si alza il vento, dobbiamo provare a vivere, come recita la poesia di Paul Valery, già ispirazione per un racconto di Tatsuo Hori.
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E con questo siamo a metà dei film in concorso. Ma parleremo anche dei prossimi dieci. Intanto al Lido c’è già chi fa pronostici.
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