Erbe di campo velenose: riconoscere le erbe tossiche
Per un approccio corretto al foraging è di vitale importanza saper distinguere le erbe tossiche da quelle benefiche. Ecco come fare.
Gustose e salutari, le erbe spontanee che crescono abbondanti e rigogliose nei nostri prati o giardini sono una risorsa preziosa che può però trasformarsi in un pericolo. Può accadere infatti di raccogliere per errore dei “sosia verdi” di piante sicure e utili che potrebbero risultare tossici anche solo sfiorandoli o ingerendoli accidentalmente.
Per un approccio corretto al foraging, ovvero a quella pratica millenaria che prevede la raccolta di erbe, radici, bacche, germogli e cortecce commestibili, è di vitale importanza saper distinguere le erbe tossiche da quelle benefiche. Ecco come fare.
Erbe velenose: come riconoscerle
Ad alcune persone è capitato di intossicarsi raccogliendo erbe velenose simili ad altre piante edibili.
Mandragora
Tra queste vi è la Mandragora, che cresce in prossimità delle coste e nei terreni incolti. Spesso confusa con la borragine per i fiori campanulati azzurrini, si differenzia da essa perché forma una sola rosetta di foglie e i suoi fiori partono da terra e non dal fusto. I sintomi di avvelenamento possono essere confusione mentale, vertigini, nausea, diarrea e malessere generale.
Morella
Un’altra solanacea apparentemente innocua è la Morella rampicante, che ha frutti rossi simili al ribes con cui si intossicano spesso i bambini.
Panace di Mantegazza
Tra le erbe più tossiche segnaliamo anche la Panace di Mantegazza, specie diffusa soprattutto in Lombardia che presenta foglie grandi, profondamente divise, e fiori bianchi organizzati in infiorescenze ombrelliformi che possono raggiungere anche gli 80 cm di diametro. Quest’erba non va toccata per nessun motivo perché a contatto con la pelle provoca ustioni e bolle, mentre una piccola quantità di linfa negli occhi rischia di causare una cecità anche permanente.
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Bacche di Belladonna
Molto pericolose sono anche le bacche di Belladonna, spesso scambiate per innocui mirtilli ma responsabili di violenti crampi allo stomaco, conati di vomito, tachicardia e allucinazioni.
Aconito Napello
Particolare attenzione va posta anche l’Aconito Napello, a cui Plinio attribuì l’appellativo di “arsenico naturale”. Facilmente riconoscibile per l’infiorescenza a forma di spiga e i fiori di un bel colore blu violaceo, se ingerito provoca vomito, ipotermia e turbe del respiro.
Cicuta
Concludiamo con l’erba passata alla storia per aver causato la morte di Socrate: la cicuta. Anche in minime dosi, questa pianta è in grado di provocare vomito, crampi addominali e, nei casi più gravi, una paralisi delle terminazioni nervose e morte per asfissia. Si riconosce dall’odore sgradevole, dalle foglie che ricordano il prezzemolo e dai fiori bianchi riuniti in grandi infiorescenze ombrellifere.