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Encopresi nei bambini, cause e terapie

L’encopresi è l’evacuazione involontaria da parte dei bambini in luoghi inappropriati come i vestiti o il pavimento, che si verifica (al contrario di quanto accade nell’enuresi) quasi esclusivamente di giorno.

I bambini raggiungono mediamente il controllo dell’evacuazione intorno ai tre anni e mezzo. Se dopo i 4 anni il bambino non ha raggiunto questa capacità ecco allora che si parla di disturbo encopretico. Per essere definito tale, però, il comportamento deve verificarsi almeno una volta al mese per almeno tre mesi.

Encopresi primaria e secondaria

Si distingue generalmente tra encopresi primaria ed encopresi secondaria. L’encopresi primaria si verifica quando il bambino non ha ancora raggiunto il controllo sfinterico. Si definisce secondaria, invece, quella che si manifesta nei bambini più grandi, che hanno già raggiunto questo controllo.

L’encopresi secondaria è un disturbo che coinvolge circa il 17% dei bambini di tre anni e l’1% di quelli di oltre quattro anni, ma si ritiene che i dati siano sottostimati nei bambini più grandi. Si tratta infatti di un problema che viene spesso nascosto per pudore e vergogna. Ne soffrono di più i maschi e non è legato al livello di abilità cognitive.

Qualora si manifestasse questo disturbo occorrerà anzitutto verificare che non sia dovuto a particolari patologie o agli effetti fisiologici di qualche sostanza, come ad esempio di lassativi. Bisognerà pertanto verificare se l’incontinenza sia accompagnata da altri disturbi.

I bambini che soffrono di encopresi manifestano inoltre il loro disturbo con atteggiamenti del corpo come le natiche strette, le gambe incrociate e la deambulazione sulle punte dei piedi.

Le cause dell’encopresi nei bambini grandi

Solo il 5% dei bambini che soffre di encopresi presenta patologie disfunzionali. Tra le cause anatomiche e patologiche del disturbo troviamo la stenosi anale e il morbo di Hirschsprung.

Più frequentemente le cause sono da ricercarsi nei fenomeni di stipsi, che può insorgere nelle occasioni più disparate. L’encopresi si associa solitamente proprio a questo fenomeno, ed occorre ricercarne a fondo le cause, anche psicologiche. La stitichezza nei bambini sorge infatti spesso a seguito di stress familiari o relazionali.

Nella maggioranza dei casi l’encopresi è causata infatti dalla ritenzione delle feci: i bambini che hanno feci dure tendono a trattenerle per evitare di provare il dolore che hanno sperimentato durante la defecazione. Poichè il colon ed il retto assorbono l’acqua delle feci, più vengono trattenute più diventano dure, rendendo la defecazione ancora più dolorosa. Si entra così in un circolo vizioso dove il bambino cerca di trattenere la defecazione sempre di più. Quando l’intestino è sovraccarico i muscoli rettali diventano iperattivi e di riflesso quelli dell’ano si rilassano: in questo modo il bambino non ha un controllo volontario e si sporca.

Come si effettua la diagnosi di encopresi nei bambini

Anzitutto è fondamentale rivolgersi al pediatra che escluderà cause organiche per il disturbo. Spesso i genitori si rivolgono al pediatra interpretando le perdite fecali tipiche dell’encopresi come fenomeni di diarrea. Accanto ad una valutazione dello stato generale di salute il medico indagherà su eventuali malattie sistemiche. Se sospetterà che l’encopresi sia sintomo di una malattia più grave il pediatra indagherà su disfunzioni tiroidee e squilibri elettrolitici, accompagnati eventualmente da una RX all’addome e al tratto sacrale della colonna vertebrale.

Una volta escluse patologie gravi, il medico potrà prescrivere dei blandi lassativi per favorire lo svuotamento intestinale e consigliare un corretto regime alimentare.

I rimedi per risolvere il problema

Accertato il disturbo si potrà inoltre intervenire con una terapia di tipo cognitivo- comportamentale che coinvolge sia i genitori che i bambini.

I bambini con encopresi soffrono con vergogna per la loro condizione e tendono ad isolarsi dagli altri. Il bambino vive questa incapacità come umiliante e spesso attua delle strategie di “mascheramento”, assumendo atteggiamenti di indifferenza. Ogni attività sociale risulta compromessa e spesso anche i genitori vivono questo disturbo dei figli con rabbia e frustrazione, ritenendo il bambino responsabile. Il bambino non va invece in nessun modo mortificato, poichè il suo gesto non è in alcun modo una “protesta” volontaria ma un vero e proprio disturbo.

Claudia Saredi

Mamma di due, appassionata viaggiatrice, sono nata in riva al Lago Maggiore e bergamasca d'adozione. Filosofa per formazione, avida lettrice e amante dei cammini, appena posso mi rifugio nei sentieri di montagna.

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Claudia Saredi

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