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Il pane bianco più sano di quello integrale

Ci sono quelli che a tavola sono semplicemente alimenti e quelli che sono un vero e proprio simbolo, quasi culturale. Nella nostra tradizione occidentale, quel simbolo è il pane, fedele compagno di ogni pranzo e di ogni cena. Tanto radicato nel sentire comune che tutti gli altri cibi sono a volte indicati come il “companatico” e qualcosa o qualcuno che si apprezza veramente si dice che è “buono come il pane“. Il pane è il frutto della fatica e del lavoro, è il cibo “per eccellenza”, il giornaliero sostegno al nostro organismo. “Il pane quotidiano” ha rivestito e riveste un posto importante sulla nostra tavola ed è da tutti generalmente apprezzato e consumato: proprio per questo la sua qualità e la sua bontà sono qualcosa della cui importanza spesso non ci rendiamo completamente conto. Sono nati miti e leggende su quanto il pane faccia ingrassare o quanto sia poco digeribile, spesso valutazioni frettolose e poco scientifiche. In realtà la verità è una sola: il pane è buono se è buona la farina da cui è composto. Perché le farine non sono affatto tutte uguali…

La rivoluzione della farina industriale

[dup_immagine align=”alignleft” id=”64128″]La storia del pane e della sua considerazione a tavola è affascinante e permette di fare un viaggio storico in uno spaccato della storia italiana negli ultimi due secoli. Un tempo la macinazione della farina bianca era una procedura assai complicata e per questo classificata decisamente come “cosa per i ricchi”. Per questo, il pane nero, ottenuto senza separare le diverse parti del chicco, era quello “del popolo” mentre il pane bianco restava riservato alle tavole più esclusive. Verso la fine del XVIII secolo, l’introduzione dei mulini su scala industriale ha cominciato a scalfire questo status quo, diffondendo l’uso della farina bianca e sdoganando quindi il pane bianco anche sulle tavole dei ceti meno abbienti. Fu una vera rivoluzione che segnò l’inizio della storia della “michetta” così come oggi la conosciamo ma che ha anche portato un cambio strutturale: la farina bianca basata sulla tecnica industriale di macinazione è infatti prodotta utilizzando soprattutto il cuore centrale del chicco, ricco soprattutto di amido, e scartando le parti superficiali meno organoletticamente attraenti ma più ricche di fibra e di vitamine. Ciò ha comportato un impoverimento di circa il 70% delle capacità nutritive del grano grezzo, una perdita di capacità nutrizionale che in parte è stata “rintuzzata” con la produzione di farine integrali o alternative. A scardinare questa scelta necessaria tra pane “buono” e pane “sano” arriva la nuova tecnica di macinazione “Integralbianco”, brevettata dall’antico Molino Colombo e da Farine Varvello, due storiche aziende del settore operanti nel lecchese e che sta conoscendo una diffusione sempre più importante fra i panificatori.
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Buono come il pane (bianco)!

La grande novità di questa tecnica è la notevole limitazione di quanto del chicco grezzo viene scartato. Grazie a essa, la crusca non viene eliminata tout court, ma  “scomposta” tra fibra insolubile, più scura, meno gradevole e solubile. Quest’ultima viene completamente recuperata e reimmessa nel processo di macinazione. In considerazione di ciò, la farina ottenuta pur mantenendo un colore assolutamente bianco, presenta una quantità di fibra superiore di oltre un quinto rispetto a quella “tradizionale” e anche in una forma che risulta molto più digeribile e con una incidenza sul controllo dell’indice glicemico, bruciando zuccheri e grassi, anche migliore di quella integrale. Essa contiene più antiossidanti, non ha alcuna traccia di lignina o di cellulosa, elimina il rischio di residui chimici che potrebbero restare sulla superficie esterna del chicco e finire nella lavorazione del pane integrale e non ha quindi praticamente nessuna controindicazione nutrizionale. Il pane di tutti i giorni, quindi, non solo non è più un fattore di rischio per l’insorgenza delle malattie “dei nostri tempi”, ma ne costituisce addirittura un potente deterrente “naturale”. Con il pane “integralbianco” buono e sano, contrariamente a quanto spesso accade, stanno insieme. Sulla tavola di tutti i giorni.

Anna Invernizzi

Classe 1972, cinque figli e una vita intensa. Laureata in Economia, impiegata, scrivo per passione su tutto quello che mi interessa. In particolare creo contenuti a tema cucina e lifestyle.

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Anna Invernizzi

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