L’eredità di Expo 2015
Da Londra a Osaka, da Bruxelles e Parigi: ecco che cosa è rimasto delle Esposizioni Universali nelle città che le hanno ospitate.
Dallo scorso mese di agosto è ufficialmente aperta la gara per aggiudicarsi l’”eredità” di Expo, vale a dire l’area nord-ovest di Milano che sarà teatro della kermesse in programma il prossimo anno e sul cui smembramento e ricollocazione le ridde di voci si sono susseguite, dal possibile interesse di Milan e Inter all’ipotesi studi-RAI passando per una lunga serie di presunti “pretendenti” di variegata specie. Ora, almeno, l’asta è aperta e pubblica: gestita dalla società Arexpo – proprietaria dell’area e partecipata dalla Regione Lombardia, dal Comune di Milano e da quello di Rho, dall’Ente Fiera e dalla Provincia – partirà da una base di 315 milioni di euro, ovvero la valutazione del valore minimo del complesso effettuata dall’Agenzia delle Entrate. La questione della riqualificazione dell’area Expo non è di poco conto, anche perché se è vero che la maggior parte dei padiglioni – sicuramente quelli espositivi dei Paesi Partecipanti ma anche aree “comuni” – verranno abbattuti da novembre 2015, è anche vero che numerose infrastrutture pubbliche e diversi manufatti saranno permanenti e potranno essere riutilizzati. Sarà questa, insomma, una parte dell’eredità di Expo, quella più concreta, se vogliamo, sperando che non sia l’unica. Cosa succederà effettivamente è presto per essere detto: per avere almeno un’idea occorrerà infatti aspettare fino a novembre, termine entro il quale gli interessati – ammesso che ce ne siano – dovranno presentare la propria offerta. E speriamo che non ne venga fuori il solito minestrone all’italiana. Nell’attesa, però, è interessante e curioso scoprire cosa le precedenti edizioni dell’Expo hanno lasciato alle città che le hanno ospitate almeno dal punto di vista “strutturale”. E si scoprirà che, in diversi casi, non è stata una eredità di poco conto…
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Il Crystal Palace di Londra
Un evento come Expo è destinato anche a cambiare la conformazione topografica della città che lo ospita. E tale fatto non è certo solo moderno. Il primo, emblematico esempio risale proprio alla prima edizione “ufficiale” di Expo, quella di Londra del 1851 voluta fortemente dal Principe Consorte Alberto, marito della leggendaria regina Vittoria. A quel tempo si era diffusa una modalità di costruzione che era conosciuta come “architettura del ferro” e che incarnava in pieno lo spirito modernista del tempo, avendo anche in Europa e negli Stati Uniti esempi di larga diffusione in numerosi edifici “pubblici”: basti pensare alle stazioni di Milano, Francoforte, Londra e Parigi o, per limitarci ai nostri lidi, alla Galleria Vittorio Emanuele. Ebbene, in perfetto stile “metallico” l’esposizione universale del 1851 fu tenuta in un mastodontico palazzo di ferro e vetro appositamente costruito in Hyde Park e che fu battezzato Crystal Palace, il “Palazzo di Cristallo”. Nato da un’idea del costruttore di serre Joseph Paxton, l’edificio fu il primo ad essere concepito con una struttura modulare costituita da materiali prefabbricati, smontabili e rimontabili e fu modello per una gran quantità di altri edifici dell’epoca, spesso battezzati con il suo stesso nome. Eretto in quattro mesi di lavoro, raggiungeva gli 84.000 metri quadri di superficie espositiva e dopo l’esposizione fu completamente smontato e ricostruito, pure ingrandito rispetto all’originale, in un’altra zona della città, il quartiere di Sydenham Hill. Qui ebbe molteplici usi ospitando mostre ed esposizioni, pubblici eventi, fiere commerciali e perfino attività sportive con una squadra di calcio, il Crystal Palace appunto, tuttora nella Premier League inglese, che giocava nel campo di calcio ricavato all’interno del Palazzo. Il Crystal Palace rimase distrutto in un enorme incendio il 30 novembre 1936. Winston Churchill definì quell’evento “la fine di un’epoca”.
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La Torre Eiffel
[dup_immagine align=”alignright” id=”133100″]Se il Palazzo di Cristallo di Londra fu l’antesignano delle costruzioni fieristiche, la più popolare “eredità” mondiale di Expo è certamente la Tour Eiffel, assurta ormai a simbolo stesso della città di Parigi e della Francia intera e concepita anch’essa sul filone della medesima scuola architettonica “del ferro” che aveva guidato i progettisti di Londra. La Torre fu ideata da Gustave Eiffel, lo stesso architetto che progettò la struttura interna della statua della Libertà di New York. La torre fu eretta in soli due anni dal 1887 al 1889, anno in cui l’Esposizione Universale era prevista proprio a Parigi. Se ormai è un monumento entrato nell’immaginario collettivo e fra i più visitati al mondo, pochi sanno che al tempo la Tour Eiffel non mancò – in perfetto stile Expo – di generare polemiche. Il gusto estetico classico dei francesi non fu particolarmente benevolo con i 324 metallici metri della sua costruzione, tanto che fu presto ribattezzata da molti giornali l’”asparago di ferro”. Nel 1909, poi, rischiò seriamente di essere abbattuta e fu risparmiata solo perché si rivelò un eccellente punto di installazione delle antenne di cui necessitava la nascente scienza della radiotelegrafia. Insomma, anche la Torre Eiffel ci mise un certo tempo per essere percepita come tale…Le eredità di Expo nel mondo
[dup_immagine align=”alignleft” id=”133093″]Oltre ai due eclatanti esempi citati, anche le altre Esposizioni Universali non hanno mancato di lasciare eredità architettoniche notevoli: il quartiere della “Fiera di Milano”, per esempio, è “frutto” dell’Expo del 1906 come pure l’Acquario Civico costruito nel Parco Sempione, a sua volta profondamente ristrutturato per l’occasione. A Bruxelles, uno dei simboli della città è l’Atomium, l’incredibile monumento-costruzione in acciaio eretta in occasione dell’Expo del 1958 e costituita riproducendo i nove atomi di un cristallo di ferro. La celebre torre “Space Needle” fu eretta come simbolo dell’esposizione Universale di Seattle nel 1962 ed è in seguito divenuta il più noto elemento distintivo della città, mentre l’area espositiva è stata utilizzata per la costruzione del Pacific Science Center. Gran parte del sito utilizzato per l’edizione di Montreal 1967 è stata successivamente trasformata in un parco in cui molti elementi di quella Esposizione sono tutt’ora mantenuti, come per esempio il particolarissimo complesso edilizio Habitat 67 realizzato dall’architetto israelo-canadese Moshe Safdie o il Casino di Montreal, già Padiglione Francese. L’Isla de la Cartuja, trasformata oggi in un parco tematico, è l’eredità più evidente dell’esposizione di Siviglia del 1992, mentre il sito di Osaka ’70 progettato da Kenzo Tange è oggi un vasto parco commemorativo che ospita un gran numero di manifestazioni artistiche, educative e sportive, è sede di diversi musei e perfino di uno stadio. Cosa ci lascerà, dunque, Expo 2015?[dup_immagine align=”aligncenter” id=”133097″]