La mente umana rimane un vero mistero, come il pensiero, la coscienza, i sensi. O meglio, se ne ha una comprensione scientifica, a volte meccanica o fisica, ma che in nessun modo riesce ad esaurirne le pieghe, a spiegarne fino i fondo gli automatismi e tantomeno il significato. Ma come diceva Antoine de Saint-Exupéry nel Il piccolo principe “l’essenziale è invisibile agli occhi“. E spesso insondabile. Credo sia questo stupore di fronte al mistero della vita il sentimento che prima di ogni altro affiori imbattendosi nell’incredibile storia di Carly Fleischmann, la personificazione vivente del fatto che nessun essere umano è definibile solo con i dati “fisici” che lo determinano. Carly è una teenager decisamente speciale: ha un blog molto popolare, è una giornalista che ha intervistato personaggi famosi, è apparsa diverse volte in talk show televisivi, ha scritto un libro, “La voce di Carly”, insieme a suo padre. Ma è autistica, in una forma estremamente grave che le impedisce di parlare. Per tutti, medici compresi, era un caso disperato.
Carly e l’imprevisto
Carly e noi
Un caso che ha segnato anche una svolta, si potrebbe dire epocale, nella concezione medica del problema dell’autismo. Perché Carly è una costante, continua, diretta visione “dall’interno” della malattia che mai nessuno prima aveva potuto garantire. “Si, sono proprio io che sto scrivendo sul computer da sola!”: così si presenta Carly nel suo blog. Il video che racconta la sua storia, ancora poco nota in Italia, seppur in inglese è a dir poco scioccante. Forse ancora di più lo è “Carly’s Café”, girato riproducendo le sensazioni che lei percepisce semplicemente stando in un bar, dove accadono cose normali. “L’autismo è qualcosa che mi chiude in un corpo che non controllo“. Una storia incredibile. Che interroga ciascuno e che dovrebbe aprire un abisso di domande sulla concezione di ciò che è “sano” e ciò che non lo è, sulla normalità, sul valore intrinseco della vita.