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Se la strada potesse parlare tra questione razziale e romanticismo, il sogno americano che diventa incubo

Se la strada potesse parlare, la prima prova da regista di Barry Jenkins dopo Moonlight, premiato con l’Oscar per il miglior film nel 2017, è un film struggente e solenne che, come il libro da cui è tratto, punta a diventare un classico moderno.

Oltre che regista, Jenkins è anche responsabile dell’adattamento del romanzo omonimo di James Baldwin If Beale Street Could Talk del 1974, che ha curato in prima persona perché il film risultasse il più possibile fedele al materiale originale, nel rispetto dell’immaginario dell’autore (“Il mio scrittore preferito” ha dichiarato il regista).

L’affresco di vita di una coppia afroamericana ritratto nell’opera di Baldwin prende vita sullo schermo con due giovani interpreti, Stephan James e Kiki Layne, che animano una storia d’amore profonda e radicata, nata dall’affetto maturato sin dall’infanzia trascorsa insieme a Beale Street.

Ma il sogno di Fonny e Tish di vivere insieme, sposarsi e mettere su famiglia si scontra col fatto che i due ragazzi sono di colore e vivono ad Harlem, sobborgo di Manhattan che come altri quartieri neri di grandi città americane nei primi anni ’70 somiglia perlopiù a un ghetto.

La loro visione romantica dell’amore, vissuto in un’atmosfera quasi bohémien, viene distrutta quando Fonny viene arrestato e incarcerato per un crimine che non ha commesso.

Accusato dello stupro di una donna, è stato chiaramente indicato come colpevole da un poliziotto con cui c’era stato un precedente per le vie di Harlem e di cui ora il giovane paga il prezzo, nonostante le prove a suo carico siano chiaramente state manipolate da un sistema giudiziario orientato al razzismo e alla persecuzione dei neri.

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Il film procede su due linee temporali: da un lato il presente con Fonny in carcere e Tish che, incinta del loro primo figlio, si batte come una leonessa con l’appoggio dell sua famiglia (soprattutto di sua madre Sharon, interpretata da un’eccellente Regina King) per trovare le prove per scarcerare il promesso sposo, dall’altro la ricostruzione della loro storia d’amore, la scoperta di un sentimento nato da bambini e cresciuto con loro attraverso l’adolescenza fino all’età adulta.

Nel cast anche Colman Domingo, Teyonah Parris, Ethan Barret e gli interpreti di Narcos: Messico Pedro Pascal e Diego Luna.

Attraverso episodi della loro storia d’amore, il film racconta l’utopia del sogno americano diventata un incubo per intere generazioni di afroamericani: impossibilitati a trovare una casa in affitto, ad avere un lavoro dignitosamente retribuito se non per soddisfare uno stereotipo al contrario (“Al centro commerciale pensavano fosse progressista assumere una ragazza nera” dichiara Tish come voce narrante nel film per spiegare come è diventata commessa in una profumeria), i pregiudizi dei bianchi e le violenze della polizia nei confronti delle minoranze di colore, tema ancora attualissimo negli Stati Uniti dove i numeri dei morti per mano delle autorità sono impressionanti – 700 vittime nei soli primi sei mesi del 2018 secondo l’associazione del partito radicale “Nessuno tocchi Caino” – come testimoniato dal movimento Black Lives Matter che si batte per i diritti civili degli afroamericani.

[dup_immagine align=”alignleft” id=”930909″]Il film è curatissimo nell’ambientazione e nella ricostruzione delle condizioni di vita dei personaggi, con grande attenzione ai costumi, alle scenografie e in generale a tutti gli spazi fisici che fanno da sfondo alla storia d’amore dei protagonisti, puntellata anche da una colonna sonora eccezionale sia per le musiche originali composte da Nicholas Britell che per i capolavori blues e jazz che accompagnano le scene più significative.

Se la strada potesse parlare è stato sceneggiato da Barry Jenkins nel 2013 durante un viaggio in Europa, subito dopo aver scritto Moonlight che gli sarebbe valso un Oscar, e arriva nelle sale italiane il 24 gennaio distribuito da Lucky Red alla vigilia dei prossimi Academy Awards cui concorrerà con tre nomination, come Miglior Sceneggiatura non Originale, Miglior Colonna Sonora e con Regina King candidata a Miglior Attrice non Protagonista (già vincitrice di un Golden Globe per la stessa categoria).

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Claudia Gagliardi

Lavoro con le parole, soprattutto quelle scritte, sin da quando ho scelto di studiare Comunicazione all’università. Adoro le storie, pensate, raccontate, messe in scena, soprattutto quando attingono da elementi di realtà. Attualmente sono impiegata presso la testata OptiMagazine.com, per cui gestisco il canale Serie Tv e curo la rubrica Serial Stalkers dedicata all’universo delle serie televisive, amministrando anche l'omonima pagina Facebook. Per hobby sono admin della community (Facebook, Twitter, Instagram) Maratoneti di Mentana.

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Claudia Gagliardi

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