Caso Sarah Scazzi: quando la famiglia uccide
L'omicidio Scazzi è stata prima di tutto una storia di un abuso in famiglia sfociato in tragedia. Come imparare a riconoscere il nemico tra le mura di casa.
Sarah Scazzi, quindici anni, una bella ragazzina dal volto dolce che ha trovato la fine dei suoi giorni in un luogo che riteneva sicuro, casa degli zii, per mano, secondo la Corte d’Assise di Taranto, della cugina Sabrina Misseri e della zia Cosima Serrano, entrambe condannate con conferma definitiva con l’accusa di omicidio doloso aggravato. Sono loro le colpevoli nonostante quelli che, secondo i giudici, sono stati veri e propri depistamenti del padre di Sabrina, Michele Misseri, il quale è stato condannato a otto anni per aver partecipato all’occultamento del cadavere della nipote, insieme al fratello e al nipote di lui. Una famiglia intera unita per difendersi dal crimine compiuto, unita contro un membro stesso, ma non accettato, Sarah.
La vicenda
Sarah Scazzi, studentessa a secondo anno del’istituto alberghiero il 26 agosto 2010 intorno alle 14,30 era uscita di casa per recarsi a casa della cugina Sabrina, a poche centinaia di metri dalla sua abitazione. Da quel momento si perdono le sue tracce. Da qui la denuncia della madre, le indagini sulla vita privata della giovanissima alla ricerca di un motivo che potrebbe averla spinta a fuggire di casa. Il caso comincia a diventare di interesse mediatico, le trasmissioni tv e i magazines si scatenano nel tracciare il profilo di un’adolescente inquieta, che soffriva a distanza dal padre e dal fratello che per lavoro si erano dovuti trasferire nel Nord Italia. Insofferente della vita di paese, sembrava voler progettare un futuro altrove. La famiglia però, tra cui la cugina Sabrina, rinnega queste descrizioni, sostenendo coi media la tesi di un possibile rapimento; ma le modeste condizioni economiche del nucleo famigliare non convincevano a poter avvallare tale ipotesi. Si indaga su un adescamento da parte di un uomo su Facebook e l’interesse mediatico sul caso continua a crescere.
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Le indagini
Il 29 settembre viene ritrovato il cellulare di Sarah bruciato in un campo poco distante la sua abitazione. A ritrovarlo è lo zio Michele Misseri che affermò di essere in grado di trovare la ragazza. Una dichiarazione che scioccò tutti e che iniziò a far spostare l’attenzione degli investigatori sulla famiglia degli zii Misseri – Serrano, fino ad allora conosciuta da tutti come un vero punto di riferimento per Sarah. Misseri dopo un interrogatorio di nove ore arriva a confessare l’omicidio e indica alle forze dell’ordine il luogo dove aveva nascosto il cadavere: Sarah è stata gettata in un pozzo. La notizia del ritrovamento del corpo acquisì caratteri mediatici impressionanti, in quanto arrivò ad essere comunicata ai famigliari durante una nota trasmissione televisiva in diretta. La prima spiegazione fu di aver fatto sogni erotici sulla nipote; ma presto ritrattò e il giorno seguente anche la cugina Sabrina venne arrestata in seguito a un lungo interrogatorio. Ad alimentare i sospetti fu una testimonianza di un’amica di Sarah e Sabrina; il giorno dell’omicidio questa aveva un appuntamento con entrambe e mentre con Sabrina aspettava Sarah che era ormai in ritardo, non poté non notare l’agitazione della cugina, che riteneva che Sarah fosse in ritardo perché di certo rapita da qualcuno.
Il movente è la gelosia o il desiderio?
Una delle ipotesi di movente alla base dell’omicidio Scazzi potrebbe essere la gelosia. Sabrina era innamorata di un ragazzo del paese che dava attenzioni alla cugina e non a lei; si confidava con Sarah su quell’amore non corrisposto e sembra che alcuni pettegolezzi fossero girati per il paese con quelle confidenze tradite, che portarono a un definitivo allontanamento del “bell’Ivano” da Sabrina e a un astio di questa nei confronti della cuginetta rimproverata, durante una violenta lite davanti a testimoni avvenuta qualche giorno prima della scomparsa, di essere troppo affettuosa con questo ragazzo e temendo il circolare di pettegolezzi in paese. Poi c’è l’altra ipotesi, quella a cui non si sa se credere perché il “reo confesso” prima confessa poi ritratta; infatti dice e non dice Michele Misseri che continua a cambiare la versione dei fatti: dall’abuso sessuale non confermato dalle perizie sul cadavere, arriva ad attribuire l’omicidio alla figlia e di averla solo aiutata ad occultare il cadavere, fino a ritrattare di aver ucciso Sarah per un suo rifiuto ad un rapporto sessuale. L’analisi dei tabulati telefonici successivamente portò anche all’arresto anche della madre di Sabrina, Cosima Serrano per concorso in omicidio. Misseri nel delirio arrivò a dichiarare che fu un’idea dei suoi legali quella di incolpare la figlia, ricevendo per questo una denuncia da parte dei legali stessi. Le amiche di Sabrina chiamate a testimoniare hanno confermato agli inquirenti l’ossessione di Sabrina per Ivano che, chiamato a testimoniare, confermò di aver avuto una fugace relazione con Sabrina e di aver presto troncato il rapporto. Resta il fatto obiettivo che Sarah ha trovato la morte in famiglia, come ancora a troppe donne accade.
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I provvedimenti giudiziari
Il 5 dicembre 2012 Misseri, ormai fuori dal carcere, confessa ancora tra le lacrime di essere colpevole dell’omicidio della nipote. il 20 aprile 2013 la Corte d’Assiste di Taranto condanna all’ergastolo Sabrina e Cosima per l’omicidio e Michele a otto anni per concorso in soppressione di cadavere; vengono inoltre condannati anche il fratello e il nipote di Michele a sei anni per o stesso reato. La condanna viene confermata anche in appello il 16 novembre 2014. Il 12 giugno 2015 è ripreso il processo per il secondo grado di appello che ha portato a una nuova perizia tecnica sulle celle telefoniche che i cellulari Cosima e Sabrina avrebbero agganciato il giorno del delitto.
Le ultime indagini
Il 2015 è stato ancora anno di indagini per questo delitto del passato, ed è stato anche l’anno della prima dichiarazione spontanea di innocenza da parte della zia di Sarah. A difendere Sabrina Scazzi è stato l’avvocato Coppi, famoso difensore di Berlusconi. “Questo sarà il mio ultimo grande processo – aveva dichiarato Coppi – Sto consumando gli ultimi anni della mia vita per questo processo. E non ne uscirò sino a quando la verità non sarà emersa”. Coppi ha sostenuto per tutto l’ultimo processo la colpevolezza di Michele Misseri, dell’ossessione dichiarata per Sarah, del suo passato vittima di violenza a sua volta. Per l’avvocato un reo confesso è libero; caso unico in Italia. A intricare di più la vicenda si era poi aggiunto un nuovo elemento; la ex compagna di Ivano Russo aveva dichiarato, dopo tre anni e mezzo dal delitto, finita la relazione con Russo, che lui si trovava nei pressi della villetta contrariamente a quanto da lui sostenuto; è entrato quindi marginalmente nella cerchia di chi può sapere qualcosa o si tratta di pura vendetta trasversale, come sostiene lui? I giudici pare non abbiano dato peso a questi elementi in sede di condanna definitiva.
L’epilogo della seconda condanna
Il 27 luglio 2o15, dopo tre giorni di camera di consiglio, è arrivata la condanna definitiva di secondo grado dalla Corte di Assise di appello di Taranto, nessuno sconto di pena: le due donne restano in carcere condannate all’ergastolo per avere eseguito, secondo i giudici, l’omicidio e avere occultato il cadavere. A Misseri vengono inflitti otto anni di carcere per concorso nel delitto. Assolti dall’accusa di favoreggiamento gli altri parenti della famiglia, Cosima Prudenzano e Antonio Colazzo; confermata invece la condanna a un anno di reclusione a Giuseppe Nigro per la medesima accusa.Ridotte le accuse all’ex legale di Sabrina Misseri per favoreggiamento personale che dovrà scontare un anno e quattro mesi e inflitti cinque anni e undici mesi al fratello di Michele Misseri per soppressione di cadavere. La questione ad oggi è chiusa anche se la Cassazione, cui la difesa vuole appellarsi sostenendo l’innocenza delle due donne, potrebbe sempre poter ribaltare la decisione dei giudici.