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Cous cous d’agnello

È curioso vedere come siamo ben disposti ad accettare culture alimentari che non ci appartengono e quanto poco ad accogliere i popoli che le hanno concepite. Questo naturalmente non vale per gli hamburger ma vale certamente per il cous cous. Salvo eccezioni.

Il termine cous cous indica sia la semola sia l’infinità di piatti che con essa si preparano, di carne, di pesce, di verdure, agrodolci e speziati. Proviene dalle terre al di là del mare, dalle montagne e dalle valli tra il Marocco e la Libia, dal Maghreb che è l’Occidente del mondo arabo opposto al Mashrek, l’Oriente.

Dal Nordafrica è arrivato in Spagna, nell’Andalusia musulmana, in Sardegna ma soprattutto in Sicilia: a San Vito Lo Capo, il cous cous lo festeggiano come in Lombardia potrebbero fare con il risotto.

È un piatto d’invasione, d’immigrazione, ma anche un piatto della nostalgia: a Marina di Ragusa ho assaggiato quello squisito di una signora “pieds-noirs” italiana che non poteva dimenticare gli anni della sua giovinezza, a riprova che il mal d’Africa esiste veramente.

Che significato dare al nostro cous cous?

Piatto conviviale com’era un tempo la grande polenta posta al centro della tavola rurale, cucinarlo potrebbe voler dire che si è lontani dall’omologazione, che si ha voglia di sapori e sentori che vengono da lontano, che si ha bisogno di stimoli culturali e folgorazioni inattese, piccanti come una ciotolina di harissa, la salsina infernale a base di peperoncino rosso. Che si spera infine in un’umanità pacificamente rimescolata e colorata.

Come preparare il cous cous d’agnello?

Preparare un cous cous tradizionale per poche persone è un delitto, anche perché dovrete pelare un mucchio di verdure e sudare molto a causa della lunga cottura e degli effluvi bollenti delle spezie. Cercate di essere almeno 8 o 10 convitati d’ottimo appetito.

Ingredienti

• 900 g di spalla d’agnello disossata tagliata a cubetti di circa 4 cm

• 80 g d’olio extravergine d’oliva

• 3 grosse cipolle

• Una presa di pistilli di zafferano

• 8 pomodori, pelati, tagliati in 4 e privati dei semi.

• Una bottiglia di salsa di pomodoro

• Un peperoncino di cayenna fresco, tritato

• Un cucchiaino di pepe

• Sale

• Una foglia d’alloro

• Un cucchiaio di timo, origano e rosmarino essiccati.

• 4 carote tagliate a fette alte 2 cm

• 4 rape pelate e tagliate a fette alte 2 cm.

• 3 peperoni tagliati in pezzi di 2 cm.

• 450 g di zucca tagliata a cubi di 2 cm.

• 700 g di zucchini, tagliati a metà per il lungo e poi a pezzi di 4 cm

• 500 g di ceci in scatola, sciacquati e sgocciolati

Per la salsa:

• 40 g di pomodoro concentrato o pasta di pomodori secchi

• Un pizzico di paprika e uno di peperoncino

• 20 g di petali di rosa essiccati, pestati al mortaio

Per il couscous:

• 300 g di couscous in scatola e gli ingredienti indicati sulla confezione.

Procedimento

Asciugate l’agnello e rosolatelo brevemente (anche a più riprese) in una casseruola dal fondo pesante in cui avrete fatto scaldare l’olio; scolate la carne e tenetela da parte.

Nella stessa pentola, unite la cipolla e rosolatela. Unite la carne con i suoi succhi, le erbe aromatiche, lo zafferano, i pomodori e la salsa, pepe, peperoncino e sale; coprite e fate cuocere a fuoco lento un’ora e mezza.

Unite le carote, le rape, la zucca ed i peperoni e fate cuocere per circa 20 minuti; unite gli zucchini ed i ceci, proseguendo la cottura fino a quando i primi sono teneri (7-10 minuti). Spegnete il fuoco e tenete da parte lo stufato, ma prima prelevate 250 g di brodo di cottura; diluitevi gli altri ingredienti per la salsa e fate sobbollire dolcemente per una decina di minuti.

Preparate il couscous seguendo le istruzioni di cottura sulla scatola, poi servitelo portando in tavola separatamente anche lo stufato d’agnello e la salsa.

[Il racconto e la ricetta sono tratti da “In cucina con i tacchi a spillo”, Guido Tommasi Editore]

Olivia Chierighini

Olivia Chierighini è una giornalista con esperienza decennale nel food e lifestyle. Ha collaborato con numerose riviste di settore e ha tenuto per anni una rubrica di cucina sul settimanale Grazia. La collezione degli articoli è diventata un libro intitolato “In cucina con i tacchi a spillo”. Ama occuparsi di cibo, cultura, società e varia antropologia. C’è chi dice sia una gran chiacchierona: lei preferisce definirsi un'ottimista. Per una dose quotidiana di humour, potete seguirla sul suo blog personale OliviaQuantoBasta.

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Tags: zafferano

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