Tessuti di origine vegetale: ecco quali sono

Dal tradizionale cotone alle fibre ricavate dalla frutta.

13/10/2023

Uno dei consigli per vestire in maniera più sostenibile è senza dubbio prediligere i tessuti di origine naturale, rispetto alle fibre sintetiche. Quando, più in particolare, si parla di tessuti di origine vegetale, il pensiero va subito al cotone e al lino. Natura e tecnologia, però, vanno sempre più a braccetto. Negli ultimi anni, dunque, l’elenco dei tessuti di origine vegetale si è allungato notevolmente. Scopriamo quali sono: alcuni più tradizionali, altri decisamente più innovativi.

Fibre da seme e da fusto

Partiamo dalle fibre da seme. Il cotone è la fibra naturale più utilizzata al mondo. Le sue qualità sono note a tutti: morbidezza, traspirabilità, resistenza, ecc. Il cotone biologico, poi, è ancora più sostenibile, in quanto viene lavorato senza usare additivi chimici e con un ridotto consumo di acqua. Le fibre da fusto vengono invece ricavate dalle fasce più esterne della pianta: infatti si ottengono macerando la parte legnosa. Il lino, ad esempio, è una fibra vegetale nota per la sua forza. Utilizzato per la fabbricazione di banconote e sigarette, il lino viene impiegato anche in settori diversi dall’abbigliamento, come l’isolamento edilizio.

Tessuti di origine vegetale: ecco quali sono

Canapa e juta

Anche dalla canapa si ottiene una fibra molto utilizzata nel settore tessile. La canapa è una pianta coltivabile con tecniche a basso impatto ambientale. Produce una fibra pregiata, resistente a muffe, calore, insetti e non viene danneggiata dalla luce. I tessuti così realizzati sono freschi e traspiranti d’estate, caldi e avvolgenti d’inverno. Hanno anche proprietà anallergiche. La juta, invece, viene ricavata dalla lavorazione degli steli di piante del genere Corchorus capsularis e C. Olitorius. È una fibra naturale molto resistente. Dopo il cotone è tra le più utilizzate, ad esempio, per confezionare sacchetti. Fornisce sostentamento a milioni di piccoli agricoltori.


Leggi anche: Cotone doppio ritorto cosa vuol dire?

Tessuti di origine vegetale: Bambù e fibra d’agave

La pianta del bambù è tra le più particolari: in condizioni ottimali cresce anche di un metro nell’arco di poche ore. I tessuti ricavati dal bambù possiedono una spiccata capacità di ventilazione e assorbimento dell’umidità, oltre ad avere un agente antibatterico che fa in modo che non vengano usati additivi chimici durante la lavorazione. Inoltre, offre una naturale azione antibatterica e deodorante. Il sisal o fibra d’agave è invece ricavato dall’agave sisalana, pianta che cresce anche in regioni aride e nota per la sua ruvidezza e rigidità. Il sisal è dunque poco adatto alla fabbricazione di capi d’abbigliamento, ma può sostituire amianto e fibra di vetro in un gran numero di materiali compositi e nell’edilizia, dove è usato come ignifugo e isolante. Viene impiegato anche nella produzione di tappeti.

Fibra di soia e cashmere vegetale

Dalla fibra di soia si può ricavare un tessuto naturale perfetto sia per la moda che per l’arredo d’interni. Nel 1999 un industriale e scienziato di Shanghai, Li Guanqi, mise a punto la Soybean Protein Fibre, un tessuto morbido, brillante e leggero. Il tessuto in fibra di soia viene spesso definito ‘cashmere vegetale‘. È molto apprezzato in quanto ha proprietà antibatteriche e traspiranti; è permeabile all’aria; è in grado di bloccare le radiazioni UV; ha una resistenza di circa tre volte superiore a quella della lana. Può sostituire altre fibre o combinarsi nella tessitura con lana, seta, lino e cotone. Tuttavia, il dibattito sulla sua effettiva sostenibilità è ancora aperto.

Tessuti di origine vegetale: ecco quali sono

Tessuti ricavati dalla frutta

Come già accennato, negli ultimi anni si stanno sempre più diffondendo i tessuti ricavati dalla frutta. Ciò che mangiamo, infatti, in molti casi rappresenta solo una minima parte (in termini di volume e di peso) dell’intera pianta. Per questo, nelle diverse filiere, c’è spesso la necessità di dover smaltire bucce o altre parti non utilizzate. Applicando i principi dell’economia circolare, tecnologie all’avanguardia e lasciandosi ispirare dalla natura, che non spreca mai nulla, numerose aziende sono impegnate nell’individuare usi alternativi di ciò che in passato veniva considerato semplicemente un rifiuto. Tra questi usi alternativi, troviamo anche alcune applicazioni che riguardano proprio il settore della moda.


Potrebbe interessarti: Fibre alimentari: cosa sono e benefici

Bananatex

Se ti occorre un capo fresco, che ti aiuti a sopportare le calde temperature estive, un abito realizzato con la fibra di banano potrebbe fare al tuo caso. Quello che mangiamo, la banana, è infatti solo una parte limitata della pianta. Dal fusto è oggi possibile ricavare diverse tipologie di filati: da quelli molto resistenti, per corde o tappeti, fino a tessuti ruvidi, utilizzabili invece per elementi di arredo come una tovaglia. C’è poi il bananatex, un tessuto più confortevole, ideale per capi di abbigliamento e anche per l’intimo. L’idea non è del tutto nuova. In Giappone, ad esempio, coltivavano banani a scopo tessile già nel XIII secolo.

Fibre da noce

La fibra di cocco viene ricavata dal materiale che circonda la noce di cocco. Si tratta di una fibra dura, a causa del suo alto contenuto di lignina, un polimero naturale. Più resistente ma meno flessibile del cotone, la fibra di cocco viene utilizzata per produrre tappezzerie per mobili e materassi, spazzole e corde. Le fibre corte e grezze che circondano la noce di cocco sono utilizzate anche per produrre geotessili e seggiolini auto.

La pelle vegetale

La pelle “tradizionale” è di origine naturale ma animale. Da qualche anno, invece, è disponibile sul mercato anche quella ottenuta da materie prime vegetali, con l’obiettivo di applicare i principi dell’economia circolare e ridurre gli sprechi. La base di partenza è costituita dalla cellulosa ottenuta da fibre vegetali generate da scarti di raccolto o di produzione. Le materie prime utilizzate sono davvero le più disparate: dalle bucce di uva o di mela, alle foglie dell’ulivo fino a funghi e fondi di caffè. Tra le piante utilizzate, c’è anche il fico d’India, una delle piante cactacee più diffuse anche in Italia. Dalla lavorazione delle pale di questo frutto estivo è possibile ottenere una eco-pelle particolarmente morbida e traspirante, in grado di sostituire quella animale non solo nel campo della moda, ma anche per realizzare elementi di arredo come rivestimenti di poltrone o per i sedili delle automobili.