Quando lo sporco diventa fashion: Londra celebra il fenomeno del dirty chic

sfilata di moda

Le sfilate (Foto di Raden Prasetya su Unsplash) - unadonna.it

Dal fango ai riflettori: la nuova mostra londinese racconta come l’imperfezione sia diventata una dichiarazione di stile. E il dirty chic non è mai stato così trendy.

Chi ha detto che per essere alla moda bisogna essere impeccabili? Tra strappi, macchie e tessuti che sembrano usciti da un cantiere, il “trasandato di lusso” è ormai ovunque. Non stiamo parlando di sciatteria casuale, ma di una scelta precisa, studiata e decisamente di tendenza.

Il dirty chic – letteralmente “sporco elegante” – non è una moda passeggera, ma una vera filosofia estetica. Oggi sfilano jeans consumati, scarpe volutamente vissute, giacche rovinate ad arte. L’aspetto trasandato è diventato sinonimo di stile. Paradossale? Forse. Ma estremamente reale.

Come l’imperfezione ha riscritto le regole della moda

Nel cuore di Londra, riporta harpersbazaar.com, il Barbican Centre ha deciso di raccontare questa evoluzione in una mostra dal titolo perfetto: “Dirty Looks: Desire and Decay in Fashion”. Un viaggio visivo tra moda, ribellione e imperfezione, che mostra quanto lontano possa spingersi il concetto di eleganza. Anche tra polvere e fango.

Questa tendenza affonda le radici in decenni di rivoluzioni stilistiche. Ma se oggi è sdoganata sulle passerelle più blasonate, lo si deve anche a un momento ben preciso, catturato in uno scatto diventato iconico.

donna di spalle con tatuaggio
Il dirty chic (Foto di JJ Jordan da Pixabay) – unadonna.it

Dalle pozzanghere ai riflettori: la nascita (casuale) di uno stile

È il 2005 quando Kate Moss – regina indiscussa di uno stile che non chiede scusa – viene fotografata mentre cammina nel fango del Glastonbury Festival con stivali di gomma sporchi, minidress stropicciato e chiodo oversize. Nessuna pubblicità, nessuna posa studiata. Solo lei, Pete Doherty e una naturalezza spiazzante. Nasce l’estetica dello “sporco che piace”.

Ma il seme è stato piantato molto prima: dal punk dei Settanta al grunge dei Novanta, la moda aveva già iniziato a flirtare con l’imperfetto. Vivienne Westwood, Comme des Garçons, McQueen, Galliano… tutti, in modi diversi, hanno giocato con il concetto di bellezza decadente. Abiti strappati, tessuti usurati, materiali riciclati: il difetto è diventato dettaglio.

Oggi il dirty chic è mainstream. Balenciaga crea scarpe distrutte vendute a prezzo di gioielli, Golden Goose ha costruito un intero brand su sneakers che sembrano già usate, e online spuntano tutorial per “rovinare” con cura ciò che è nuovo di zecca. Il trasandato è così calcolato da sembrare artificiale. E forse lo è davvero.

In un mondo che ha fatto dell’apparenza il suo palcoscenico, l’imperfezione diventa atto di ribellione, ma anche nuova regola del lusso. Non c’è nulla di casuale in quel fango sulle scarpe: è design, è messaggio, è stile. Perché, come insegna Kate, non serve brillare per farsi notare. A volte, basta un po’ di sporco al punto giusto.