Dal momento che, in alcuni momenti dell’anno, la voce “dieta” pare sia una delle più ricercate e – come dice un mio caro amico – le donne passerebbero le loro giornate a mangiare cioccolata ma cercano nuove ricette con le zucchine, vi voglio parlare di una dieta molto particolare e personale: la dieta dell’armadio.
Potrete continuare a mangiare qualche cioccolatino e lasciare da parte qualche vegetale, perché sarà a dieta soltanto la vostra carta di credito.
In uno degli articoli dedicati al cambio armadi, ho velatamente accennato al fatto che forse sarà capitato anche a voi d’acquistare troppi vestiti. A me è successo. Niente di così tragico come descritto da eroine fittizie che hanno fatto la storia della chic-lit: non sono andata in bancarotta come Becky Bloomwood e con le mie Manolo Blahnik e Louboutin non mi sarei mai potuta comprare un appartamento come Carrie Bradshaw, ma mi ero resa conto dall’estratto conto della Visa che l’emorragia era inarrestabile.
A mio vantaggio c’era il fatto che raramente “sbaglio acquisto”, non mi impunto su capi della taglia sbagliata e ho un discreto senso critico davanti allo specchio; tuttavia, quei due o tre capi con il cartellino attaccato – che si accumulano inevitabilmente ogni anno – bruciavano molto nell’orgoglio e, ad un certo punto, volevo capire perché succedeva.
Per la “dieta dell’armadio” mi sono ispirata al consiglio che a volte si sente dare dai nutrizionisti: tenere un diario. Per circa un anno, quindi, ho annotato tutti i capi che compravo, le scarpe e gli accessori con i relativi prezzi e poi ho cominciato a tenere pedissequamente il conto di quante volte utilizzavo ciascun acquisto.
Un po’ folle vero? Lo scopo era, in un certo senso, “ammortizzare” la spesa, giustificandola con l’uso quotidiano, portando il coefficiente più vicino possibile a 1.
Da questo esperimento ho imparato alcune cose interessanti. La prima – forse la più importante, da applicare anche ad altri ambiti della propria vita – è stata prestare più attenzione al rapporto qualità-prezzo.
Avete presente il detto “più spendi, meno spendi”? Ho appurato che è vero, conti alla mano. Magliettine da pochi euro, comprate nella catena glamour di fast fashion, si sono sfasciate al primo lavaggio e sono risultate più costose di un lussuosissimo vestito di seta o di un cappotto, con il cartellino paragonabile ad un mutuo ma perfetto dopo anni di fedele utilizzo. Ultimamente ho letto che “una Birkin è per sempre” e sono pienamente d’accordo.
La seconda cosa che ho imparato è stata che, in realtà, utilizzo pochissime volte quello che compro e i conti non tornano mai: le spese sono comunque troppe e, fino a prova contraria, ho soltanto due piedi e due braccia (anche se mentalmente assomiglio a un polpo e cerco di fare contemporaneamente otto cose diverse).
Mettere tutte quelle crocette mi ha fatto capire che, ad esempio, quel meraviglioso vestito che osservo ogni mattina con gioia considerandolo un “pezzo forte”, è stato indossato solo tre volte. Potevo farne a meno? Onestamente no. Sono assolutamente d’accordo con voi sul fatto che a volte è assolutamente necessario infilarsi in uno di quei negozi tanto carini, dove sembra ti facciano un favore a farti comprare quello che non ti serve: è frivolo, è piacevole e garantisce una rinfrescata veloce al look, cosa che per noi donne equivale mentalmente a una passeggiata ossigenante in alta montagna. Il punto è non farsi prendere la mano.
Sarò sulla strada della decrescita felice? Non lo so. Di sicuro mi è servito fare così:
Cosa fare, in pratica, per applicare la “dieta dell’armadio” e ottimizzare il vostro guardaroba in 5 mosse?
Detto questo, qualche cartellino attaccato a un paio di pantaloni o a una borsa nel mio armadio c’è ancora e un paio di magliette recentemente si sono dissolte in lavatrice, tuttavia le mie finanze non sono più un colabrodo e questo è un ottimo passo avanti.
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