A fine gravidanza giunge il momento decisivo, si tratta del momento più bello ed emotivamente intenso di tutti i tempi.
La preparazione al parto è molto importante: respiro, mobilità pelvica ed esercizi mirati, queste alcune delle attività e nozioni affrontate in un corso preparto. Quando arriverà il momento decisivo sarà la natura, insieme con il ginecologo ed il suo staff, a decidere quale via percorrere tra parto naturale e cesareo.
Ma oltre a queste due varianti principali, esistono due classificazioni diverse per il parto naturale: eutocico e distocico.
Eutocico e distocico, le differenze
Il parto distocico, invece, è detto anche operativo e prevede l’impiego di strumenti come la ventosa o il forcipe per facilitare il processo di espulsione. È possibile ricorrere anche alla manovra Kristeller, ossia una spinta sul pancione per far fuoriuscire il bambino.
Fasi di un parto naturale eustocico
Elenchiamo per punti le fasi principali che caratterizzano un parto naturale fisiologico o eustocico.
1. Fase preparatoria o prodromica: la mamma comincia ad avvertire una serie di contrazioni irregolari e poco dolorose, i tessuti si preparano al lieto evento;
2. Fase dilatante: è l’inizio del travaglio, che consiste nell’aumento delle contrazioni, sempre più frequenti e regolari, e nella dilatazione del collo dell’utero;
3. Fase espulsiva: coincide con la fine del travaglio e con l’espulsione del bimbo;
4. Secondamento: espulsione della placenta.
Motivi del parto distocico
I motivi che inducono al parto distocico, e quindi all’intervento ostetrico tramite strumenti appositi, possono essere diversi. Per esempio, l’utero può registrare difficoltà a contrarsi (distocia dinamica) o essere il canale cervicale ad avere difficoltà dilatative (distocia meccanica), altri fattori incidenti sono la conformazione del bacino della mamma, la posizione del piccolo o il suo peso eccessivo.