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Gravidanza e Covid, come affrontare al meglio questo periodo

Moltissime donne in gravidanza stanno vivendo questo periodo storico con ansia e apprensione vista l’emergenza sanitaria internazionale da Covid 19 in cui siamo piombati da mesi. Così man mano che la pancia cresce e i genitori si riempiono di gioia per l’imminente arrivo, ci si pongono mille domande sul dove si partorirà, se il papà potrà assistere all’evento, se la sala parto sarà sicura e se per caso nel momento del parto si potrà trasmette questo virus infido al proprio piccolo.

Certo gli esperti ci hanno spiegato che la gravidanza comporta cambiamenti del sistema immunitario, che possono aumentare il rischio di contrarre infezioni respiratorie virali. In gravidanza infatti come leggiamo sul sito AOGOI (Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri) si abbassano naturalmente le difese immunitarie per un processo del tutto naturale che accade nel corpo femminile. Il sistema immunitario di una gestante si modifica per ospitare il feto e produce cellule specializzate nell’impedire che i tessuti fetali vengano considerati estranei e quindi aggrediti.

Tuttavia, ad oggi, come emerso da un rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità, le donne in gravidanza non sembrano correre maggior rischio rispetto alle non-gravide per infezione grave da COVID-19 tale da richiedere il ricovero ospedaliero. In Francia, in America (Texas) e anche da noi in Italia sono stati fatti studi che parlano di contagio verticale del virus Covid da mamma a feto anche attraverso il sangue presente in placenta e cordone ombelicale. Quindi i neonati nascerebbero già infetti e non sarebbe il momento del parto o quello successivo a creare la trasmissione tanto temuta. Si è però anche visto che questi neonati non hanno avuto bisogno di lunga ospedalizzazione né vi sono state gravi conseguenze. Si sono infine negativizzati dopo un certo numero di giorni.

6 Consigli per le donne in gravidanza

Se si è in gravidanza e si vive durante una pandemia, nello specifico da Covid, lo sconforto può farla da padrone ma come sempre il buonsenso e una sana dose di fiducia in sé stesse potranno cambiare la situazione in meglio. Lo sanno bene nonne e bisnonne costrette a partorire durante la guerra e soprattutto in condizioni igienico-sanitarie davvero precarie. Oggi sappiamo bene che non è così e che nonostante l’emergenza sanitaria e i pronto soccorso sovraffollati, i reparti maternità funzionano perfettamente (tranne i corsi preparto che generano assembramento ma magari non mancano quelli online dei consultori). Già questo può favorire la calma e allontanare i brutti pensieri. Vediamo nello specifico le sei risposte ad altrettante domande che si pongono più di frequente le gestanti nella rete.

Come ci si protegge dal Covid?

Come per tutti i virus di cui non esiste ancora un vaccino, le donne in gravidanza devono seguire le norme igieniche generali: lavarsi spesso le mani, tenere il distanziamento sociale, evitare di toccare occhi, naso e bocca. Inoltre evitare che amici e conoscenti si avvicinino troppo a toccare il pancione anche in presenza di mascherina.

Le visite mediche vanno fatte o non occorre?

Sì naturalmente vanno fatte e ovviamente vanno concordate prima con il proprio ginecologo di fiducia. Sempre preferibilmente andare da sola. Se la gestante manifesta sintomi riconducibili al Covid ne può parlare telefonicamente con il punto nascita di riferimento o il consultorio familiare. Se l’esame potrà essere rimandato si concorderà una seconda data, altrimenti saranno spiegate le precauzioni da prendere sia per la donna in gravidanza sia per il personale medico.

Le donne in gravidanza sono a rischio maggiore di contagio?

No affatto, il rischio è quello generico di tutta la popolazione.

Le donne in gravidanza ammalate di Covid sono più a rischio di infezioni respiratorie?

In alcuni casi la gravidanza può aumentare il rischio, quindi è sempre bene rivolgersi al proprio medico. Specie quante soffrono di asma o diabete.

In caso il proprio partner dovesse risultare positivo occorrerà fare un tampone?

Molto probabilmente sì, occorrerà comunque sempre confrontarsi col curante.

Il partner potrà assistere al parto?

Se positivo al tampone no. Deve restare in isolamento. Negli altri casi sì a meno che non ci siano controindicazioni della struttura specifica.

Covid e parto

Negli ultimi mesi le statistiche parlano di aumento di richieste di parti cesarei perché percepiti come più sicuri rispetto a quelli vaginali. Quanto c’è di vero? Nulla. Prima di tutto ci sentiamo di asserire che tutte le donne in gravidanza devono aver diritto ad un parto dolce e non traumatico che lasci loro spazio con dignità e rispetto. Indipendentemente che abbiano o no contratto il Covid. In relazione alle attuali conoscenze non c’è indicazione elettiva al taglio cesareo nelle donne positive al nuovo coronavirus e rimangono valide le indicazioni attuali al taglio cesareo.

Quindi i ginecologi ricorreranno al cesareo solo in caso di emergenza clinica accertata per la mamma o per il bambino. L’analgesia epidurale non è controindicata in caso di infezione da Covid e dovrebbe, anzi, essere raccomandata per ridurre il ricorso all’anestesia generale nel caso in cui sia necessario ricorrere a un taglio cesareo in urgenza/emergenza. Quindi in soldoni resta tutto come in passato. Cambiano invece i parti in acqua, poiché al momento le strutture che fino a poco tempo fa ne erano predisposte li hanno proibiti per le donne affette da coronavirus. Pare che ci possa essere una trasmissione del virus per via fecale.

Covid e allattamento

Non vi è alcuna evidenza scientifica al momento che dimostri il passaggio del virus attraverso il latte materno, quindi anche le donne con tampone positivo potranno allattare al seno il loro bambino. Ovviamente per la mamma è consigliabile che allatti con la mascherina, che deterga continuamente le mani e disinfetti ogni superficie o oggetto circostante. Qualora la madre sia paucisintomatica, madre e bambino non dovrebbero essere separati. Se la madre presenta, invece, un’infezione con febbre, tosse o dispnea, madre e figlio potrebbero essere separati.

Il virus causa depressione post-partum?

Non in maniera diretta. Si calcola che la depressione post-partum colpisca dal 7 al 12% delle neomamme ed esordisca generalmente tra la 6ª e la 12ª settimana dopo la nascita del figlio, con sintomi quali irascibilità, tristezza immotivata, pianti continui, sensazione di inadeguatezza. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità la pandemia può rappresentare un “fattore di rischio aggiuntivo”. La propria ostetrica, il medico curante, il ginecologo, il consultorio sono tutti punti di riferimento e di supporto a cui rivolgersi senza vergogna. Potranno suggerire magari incontri individuali o di gruppo online o App apposite.

Rosa Marino

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