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Il fenomeno Parkour: lo street-training che arriva dalla Francia

Si chiama Parkour e sta diventando sempre più una tendenza. È una pratica sportiva, ma forse qualcosa di più. Non è semplice, né per tutti e nemmeno si può approcciare in maniera superficiale o disattenta, come anche i recenti fati di cronaca hanno insegnato. È però una realtà consolidata che anche in Italia sta prendendo piede. Si chiama Parkour e non è solo uno sport o una pratica di allenamento, ma un vero e proprio “movimento di pensiero”, quasi una filosofia di vita. Si tratta di un tipo di attività fisica che fa dell’efficienza e della libertà dei movimenti una vera e propria arte, a contatto con qualunque ambiente ed in qualunque contesto. Con il parkour gli elementi delle aree urbane o quelli naturali delle zone rurali diventano ostacoli da superare correndo, saltando, arrampicandosi, muovendosi in equilibrio. Definendo nuovi spazi e nuovi percorsi. Tanto che i praticanti di questo sport si chiamano traceurs, “i tracciatori”, come gli alpinisti che aprono nuove vie nelle scalate alle vette.

Una disciplina nata negli anni ‘90

[dup_immagine align=”alignright” id=”39337″]Il Parkour è una disciplina giovane che esiste infatti solo dagli anni ’90 e fino ad oggi è rimasta una attività estremamente di nicchia, sostanzialmente ignorata dai circuiti sportivi ufficiali.

Il “padre” di questo sport è universalmente riconosciuto in David Belle, oggi quarantenne, originario dell’Alta Normandia, che verso i 15 anni, da sempre attratto dalle attività di azione fisica specie se in velocità, cominciò a formare un gruppo di ragazzi che si allenavano insieme ispirandosi al padre di David, Raymond, a sua volta professore di educazione fisica che si rifaceva ai metodi del pioniere Georges Hébert. Fu subito un successo e i “traceurs”, come lui stesso aveva chiamato il suo gruppo, si ritagliarono una certa notorietà, trasformando per molti di essi la passione in un vero e proprio mestiere che li portò anche a partecipazioni in spettacoli e in realizzazioni cinematografiche, grazie alla effettiva spettacolarità delle azioni.

Parkour: video e Youtube

I sette membri fondatori del gruppo, intrapresero una intensa attività di divulgazione della disciplina: se però il fenomeno è rimasto per diverso tempo abbastanza circoscritto, è con l’avvento di Youtube che acquisisce una diffusione mondiale. Oggi in tutto il mondo numerose organizzazioni sportive sono dedite al Parkour e in alcune nazioni, come la Danimarca, esso è addirittura parte del programma scolastico di educazione fisica. Dal Parkour discende anche la sua “versione acrobatica”: il free-running.

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Il Parkour in Italia

Parkour significa percorso, in francese, con la “k” al posto dela “c” per esprimere l’aggressività necessaria. L’idea fu dello stesso David Belle che pensava ai percorsi di guerra delle esercitazioni militari e che, fra l’altro, decise di eliminare la “s” muta alla fine della parola parcours per sottolineare come nessun movimento nell’esercizio deve essere inutile o sovradimensionato, ma tutto ottimizzato rispetto alle energie disponibili. L’effetto spettacolare è notevole e l’appeal, soprattutto sui ragazzi, indubbio.

Anche in Italia sono diffuse diverse organizzazioni dedicate al Parkour (o PK come lo chiamano i suoi praticanti): I MilanMonkeys, a Milano, organizzano ad esempio anche corsi sia indoor che outdoor, nonché numerose esibizioni in eventi e spettacoli. Attenzione però, come dimostra l’incidente occorso ad un sedicenne di Fermo il mese scorso, la conoscenza dei propri limiti e di quelli “oggettivi” è un elemento fondamentale per approcciare la disciplina, come lo stesso fondatore sottolinea.

Photo Credit: Alexandre Ferreira, Marco Gomes

Anna Invernizzi

Classe 1972, cinque figli e una vita intensa. Laureata in Economia, impiegata, scrivo per passione su tutto quello che mi interessa. In particolare creo contenuti a tema cucina e lifestyle.

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Anna Invernizzi
Tags: liposuzione

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