Milano Fashion Week FW 2018: il cyborg style di Gucci
Per l'autunno/inverno 2018, Gucci ha portato in passerella una affascinante quanto inquietante collezione cyborg style.
Gli addetti ai lavori e gli appassionati aspettano sempre con grande interesse e curiosità gli show di Gucci e ancora una volta Alessandro Michele non ha deluso le aspettative. Per l’appuntamento della Milano Fashion Week FW 2018, lo stilista ha portato in passerella un affascinante, inquietante mondo di cyborg (ispirato al saggio del 1984 di Donna Haraway, A Cyborg Manifesto), con la volontà di rappresentare lo stato dell’opera della condizione umana: oltre il dualismo di genere, fluida, ibrida.
Con la nuova collezione, Michele ha confermato di essere un grande maestro dell’arte della contaminazione. Ma non si è fermato a quello ed è andato oltre. Nella conferenza stampa post sfilata, ha scoperto le carte e ha fatto una vera e propria dichiarazione di intenti, rivendicando per sé e per i player della moda un ruolo trascendente i confini del fashion system: “Molti di noi oggi non fanno solo abiti, hanno l’urgenza di mettere in atto qualcosa di potente”.
Ma cos’è questo “qualcosa”? Di nuovo, il direttore creativo di Gucci non si è nascosto: “Esistiamo per riprodurci, ma siamo andati avanti. Per certo, siamo in un’era post umana. Il processo è avviato. Adesso, dobbiamo decidere cosa vogliamo essere”. Il messaggio è chiaro: non esistono generi, non esistono ruoli. Ci sono individui in divenire in un’umanità in continua mutazione.
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La collezione Gucci AI 2018-2019
Per portare in scena la sua metafora dell’identità individuale e collettiva, Alessandro Michele ha allestito una sala operatoria. Una scelta precisa, legata non solo all’esortazione dello stilista a essere “il dottor Frankenstein della nostra vita”, ma anche alla volontà di raffigurare uno “spazio che rappresenta l’atto creativo”. In questo contesto, tra luci fredde e la musica dello Stabat Mater inframmezzata dal suono dei macchinari, ha sfilato una lunga, lunghissima teoria di modelle e modelli.
Come sempre, lo stilista non si è risparmiato. E come sempre, è impossibile raccontare l’incredibile complessità e varietà di materiali, linee, forme, colori, stili e generi che confluiscono nelle sue creazioni e danno loro forma. Di certo, c’erano molti loghi Gucci e molti riferimenti pop ad aziende come Sega e Paramount Pictures, ai manga e al leggendario (e discusso) regista Russ Meyer. Poi c’erano passamontagna, foulard molto simili a burka, omaggi a Chanel (guarda qui l’Haute Couture), felpe, completi da uomo, abiti eleganti, gioielli, tweed, tartan e maglioni over size.
E anche due teste mozzate e un piccolo drago. Dettagli inquietanti e allo stesso tempo pieni di fascino, realizzati dalla factory creativa Makinarium, che ha al suo attivo numerose importanti collaborazioni e ha lavorato anche alla realizzazione degli effetti speciali del film “Il racconto dei racconti” di Matteo Garrone (2015).