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Lo chiamavano Jeeg Robot – arriva al cinema il supereroe italiano con il volto di Claudio Santamaria.

Appena uscito nelle sale, Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti è già stato acclamato come il primo e unico film su un super-eroe italiano. Recitato in romanesco, con ambientazioni e una regia alla quale ci possono aver abituate serie tv come Romanzo Criminale e Gomorra, Lo chiamavano Jeeg Robot racconta l’avventura di un piccolo delinquente di borgata che si ritrova improvvisamente con una forza sovraumana e l’imbarazzante dilemma di come impiegarla. Sradicare un bancomat e comprarsi un impianto di home-cinema o salvare delle vite?

[dup_immagine align=”alignright” id=”196104″]Enzo (Claudio Santamaria) scappando dopo un furtarello, cade nel Tevere dov’è stato scaricato abusivamente del materiale radioattivo e, senza rendersene conto immediatamente, diventa fortissimo. Ladruncolo mediocre e che si barcamena per la triste sopravvivenza nel quartiere popolare di Tor Bella Monaca, Enzo accoglie il dono dei nuovi poteri come una benedizione per la sua carriera nel mondo del crimine. Tutto cambia quando entra nella sua vita Alessia (Ilenia Pastorelli), una ragazza adorabile la cui mente è stata disturbata dalla troppa violenza vista e vissuta in mezzo alla degradazione; Alessia, rimasta una bambina in un corpo di donna, è convinta che lui sia l’eroe del famoso cartone animato giapponese Jeeg Robot, arrivato per salvarla. Il destino vuole che Enzo – uomo schivo e introverso che cerca di sgattaiolare ai margini della vita – diventi celebre suo malgrado, grazie alle gesta diffuse viralmente su YouTube e si faccia notare dallo Zingaro (Luca Marinelli), altro delinquentello che invece smania dal desiderio di mettersi in luce e “fare il salto di qualità” per diventare un criminale rispettato. Lo Zingaro comincia a dare la caccia a Enzo per scoprire il segreto del suo potere e assurgere allo status di super-cattivo.

Tra scene splatter che omaggiano a Tarantino e una storia d’amore che ha come limite le brutture del mondo, Lo chiamavano Jeeg Robot è una perfetta trasposizione delle saghe dei supereroi americani: Hell’s Kitchen si trasforma in Tor Bella Monaca, mentre i personaggi Marvel – divinità contemporanee che si muovono su un Olimpo fatto di grattacieli tra New York e Gotham City – si distillano in Enzo e Lo Zingaro. Lo scontro finale tra eroe e anti-eroe avviene nella sede della moderna mitologia italiana: lo stadio. La divina Roma resta sempre molto lontana, uno sfondo cartonato rispetto allo squallore della vita quotidiana, fatta di piccola delinquenza e grandi crudeltà.

Il regista Gabriele Mainetti è stato abile nell’ispirarsi a un genere di grande successo senza scadere nell’imitazione: gli amanti del genere superhero movie potranno essere solleticati dalle analogie e dalle sottili citazioni ma certamente apprezzeranno l’assoluta originalità della sceneggiatura. Di Mainetti, in collaborazione con Michele Braga, anche la colonna sonora: le musiche originali sono punteggiate da alcune chicche, tra cui la canzone “Un’emozione da poco” della Oxa interpretata da Marinelli e la cover di Jeeg Robot cantata da Santamaria.

Vai a vedere Lo chiamavano Jeeg Robot se:

  • Vedi solo film in cui gli attori sono superlativi.
  • Non senti la necessità di storie romantiche a lieto fine.
  • Hai una passione per i cattivi ragazzi: Luca Marinelli è un “villain” diabolicamente bello, che non fa rimpiangere nemmeno per un istante il più osannato Joker d’oltreoceano
  • Se tu o il tuo compagno siete nati dopo gli anni ’70 e siete cresciuti a pane e cartoni animati giapponesi, in particolar modo quelli di Go Nagai, creatore di Mazinga Z, Goldrake e Jeeg Robot d’acciaio.
  • Se vuoi stupirti perché un regista italiano ha creato un film che non ha nulla da invidiare ai prodotti hollywoodiani.

Olivia Chierighini

Olivia Chierighini è una giornalista con esperienza decennale nel food e lifestyle. Ha collaborato con numerose riviste di settore e ha tenuto per anni una rubrica di cucina sul settimanale Grazia. La collezione degli articoli è diventata un libro intitolato “In cucina con i tacchi a spillo”. Ama occuparsi di cibo, cultura, società e varia antropologia. C’è chi dice sia una gran chiacchierona: lei preferisce definirsi un'ottimista. Per una dose quotidiana di humour, potete seguirla sul suo blog personale OliviaQuantoBasta.

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