Halloween: dolcetto o scherzetto?
Zino, il nostro inviato da Atlanta, USA, ci racconta se la gioiosa fiumana di bimbi che bussano alla porta la sera di Halloween è leggenda o realtà
“Hey Mauro did you buy some treats for the kids?”
Il mio vicino di casa Erick non poteva credere alle sue orecchie quando, la vigilia del primo Halloween da residente negli States, gli ho risposto che no, non avevo comprato nessun dolcetto.
Ingenuamente non avevo pensato che la ronda dei ragazzi che passano di casa in casa a suonare il campanello chiedendo “dolcetto o scherzetto?” esiste davvero.
Avevo ben ragione di credere che fosse una usanza ormai scemata, o magari limitata ai centri di alcune città: infatti l’America, a dire il vero, è sì una terra di continue comunicazioni e messaggi, ma il più delle volte questi sono lanciati attraverso canali che non contemplano veri e propri rapporti in carne e ossa. L’America è la terra di magnets e “bumper stickers”, che sono le decine di adesivi che campeggiano su frigoriferi, ma ancor di più sull’automobile personale o sulla scrivania in ufficio: chi scrive le proprie convinzioni sociali o religiose, chi scrive i nomi e i componenti del nucleo familiare, chi addirittura mette un adesivo con scritto che è ora di finirla con ‘sta storia degli adesivi sulle macchine. Giuro.
Ma dicevamo di Halloween.
Dolcetto o scherzetto i bimbi e i ragazzi invece lo fanno davvero, allora dovevo prepararmi, prepararmi a incontrarli.[dup_immagine align=”alignnone” id=”49279″]
Negli Stati Uniti c’è una catena di negozi enormi che si chiama Party City; ce ne sono più di 800 sul territorio (www.partycity.com), il loro motto, sul sito già da settimane, è “Nobody has more Halloween for less”!
La prima volta che sono entrato credo di aver passato mezz’ora fermo immobile pochi passi dopo aver varcato l’ingresso, a bocca aperta: centinaia di costumi sono esposti magnificamente tra ragnatele giganti, scheletri umani, arti più o meno insanguinati, maghi, streghe, nani e folletti, coltelli finti, spade, spadone, personaggi dei fumetti, lottatori di sumo e guerrieri ninja, ma anche Elvis Presley e maschere di qualunque attore, cantante o presidente; e poi decorazioni, zucche, manuali per fare la zucca fai da te, candele, alieni, dinosauri, serpenti di tutti i tipi, occhiali dalle mille forme e colori, trenta metri di corsia di sole parrucche, a destra e a sinistra, e scaffali di giochi e scherzi a tema.
Io imbambolato mentre un fiume impazzito di acquirenti di ogni età si adoperava intorno a me riempiendo carrelli con oggetti di ogni genere e tipo.
“May I help you sir?”, la gentilissima commessa mi sorride e mi salva dallo smarrimento. “Yes, sure: I have to buy some treats”.
Mi spiega come trovare il reparto in quel labirinto fantastico, e quando mi ci imbatto capisco che avrei dovuto semplicemente seguire con il fiuto l’inebriante e invisibile nube dal profumo zuccherino. Esco dal negozio un paio d’ore dopo esservi entrato, con quattro sacchetti colmi di caramelle, dolcetti, snacks e candy bars.
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La sera a casa, già verso le cinque, si presenta il primo cliente: un bambinetto di colore che avrà avuto sì e no 5 anni, timidissimo. Sua mamma, in macchina, poco lontano, gli lancia un urlo di incoraggiamento; io ho pensato che fosse per me, ne avevo bisogno!
“Trick or treat?”, fa lui. Io gli sorrido come farebbe un papà affettuoso e gli porgo un contenitore a forma – ovviamente – di zucca, straripante di golosità. “As much as you can”, gli rispondo. E vai a capire cosa succede nel cuore di due sconosciuti con 30 anni di differenza, fatto sta che nel più bel silenzio che si possa immaginare, io offrivo caramelle ai ragazzini della città, scambiando saluti con le mamme e i papà che li accompagnavano a distanza (per gli adulti è più difficile uscire dal mondo degli stickers).
Dolcetto o scherzetto è stata ed è per me un’occasione per incontrare lo sguardo semplice dei bambini, per regalare una carezza e un mucchietto di caramelle, e per far sì che, anche al giorno d’oggi, si possa ancora aprire la porta a degli sconosciuti, accogliendoli e ospitandoli, anche solo per pochi minuti.
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