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Smartworking: quanto e come ha inciso sulla nostra vita

Da marzo di quest’anno una nuova parola, un nuovo concetto di vita è entrato a far parte della nostra vita. Stiamo parlando dello smartworking, il lavoro da casa, il lavoro agile. Con l’avvento della pandemia, del coronavirus che si è impadronito della nostra salute e della nostra libertà, il modo di pensare degli italiani è cambiato. È cambiato il modo di agire, di relazionarsi, di fare la spesa e anche di lavorare.

Non è prima di marzo 2020 lo smartworking non esisteva, sia chiaro, solo che era considerato un non lavoro. Chi lavorava da casa, chi già prima della pandemia praticava questo tipo di lavoro, era guardato male da chi ogni giorno per guadagnare doveva uscire di casa. Da marzo invece alla voce: lavoro, si è aggiunta la possibilità di lavorare da casa. In molti però non sono riusciti a coniugare bene la nuova gestione lavorativa, familiare e domestica.

Cos’è lo smartworking

Il lavoro agile, chiamato anche smart-working, è stato definito nell’ordinamento italiano come:

«una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.»  In poche parole in alcuni casi è possibile svolgere lo stesso lavoro anche da casa, o da remoto, come si diceva fino a pochi mesi fa. Lavorare da casa non vuol dire “non lavorare” anche perché l’azienda si aspetta dal dipendente la stessa produttività che avrebbe se fosse in azienda. Quindi lo smartworking è un  modo diverso di concepire il lavoro. Farlo da casa, con gli strumenti necessari, per le ore corrette. Il lavoro agile non è una lunga pausa caffè nella propria cucina alternata a trenta minuti di lavoro. Stiamo parlando di una lavoro vero e proprio.

Come è cambiata la nostra vita

Moltissimi italiani non erano abituali a lavorare da casa. La loro giornata frenetica, fatta da colazioni sbrigative, alimenti da acquistare al supermercato appuntati al volo su un foglio prima di usciere di casa per evitare di dimenticare il latte per il giorno successivo. Lo smatworking ha cambiato la nostra vita, in alcuni casi in meglio in altri in peggio. Per molte famiglie è stata una buona soluzione per la gestione dei figli, in altri invece è stato un vero proprio motivo di depressione. Di continui litigi per la coppia e discussioni di ogni tipo.

La gestione familiare

La vita di famiglia è cambiata. I bambini non sono più andati a scuola e hanno iniziato il nuovo percorso della didattica a distanza e, anche i genitori si sono dovuti adeguare. Adulti che non erano abituati a fare i genitori per l’intera giornata, adulti che si sono trovati a fare gli insegnanti, a preparare pranzo, cena e merenda. A dover rispondere ad un cliente mentre i figli litigano per il telecomando o sono impegnati a seguire le lezioni online. Detto così sembra un grande caos ma, la maggio parte degli italiani ha rivoluzionato la proprio giornata per uniformarla allo smartworking.

I pro dello smartworking

Sicuramente stare in casa ha permesso alle famiglie di riscoprire la famiglia, di imparare una nuova gestione del tempo e, perché no, anche della noia. Il lavoro agile è stato ben accolto da molti che hanno potuto dedicare del tempo a loro stessi. Single, in coppia o con figli al seguito, molte famiglie si sono trovate a proprio agio, trovando subito gli strumenti per gestire la situazione. Per queste famiglie lo smartworking ha significato una vita rallentata. Lo smartworking non è ozio sul divano ma è lavoro fattivo. Molte persone hanno avuto la possibilità di gestire la giornata secondo i propri ritmi. Via l’orologio per portare i bambini a scuola, a danza, a violino, a nuoto, a tennis, catechismo. Niente telefonate con compagno, genitori e suoceri per capire se qualche anima pia prepara la cena. Lo smartworking ha significato tempo e gestione della famiglia in maniera tranquilla.

I contro dello smartworking

Come ogni cosa ci sono anche i contro. Anche in questo casa c’è l’altra parte della medaglia. Se per molti il lavoro agile è stato la soluzione a tutti i mali, per altri no. Tralasciando i casi in cui lavorare da casa è proprio improponibile perché mancano gli strumenti, in molti si sono trovati in difficoltà nella gestione degli spazi domestici e nella gestione del proprio tempo. Andare a lavoro significa anche staccare la spina dalla incombenze domestiche. Lavorare da casa vuol dire alzarsi dalla scrivania per controllare la torta in forno o per stendere le lenzuola. Per alcuni la mole di lavoro extra, di lavoro domestico è stata difficile da gestire e lavorare da casa è stato un vero e proprio incubo.

La socialità

Con lo smartworking manca la socialità. Non è proprio così. In questi mesi le relazioni sono state sospese per via de virus ma, il lavoro da casa non è vero che chiude le persone in una bolla isolata facendole ingrassare e imbruttire. Il lavoro da casa ti permette di conoscere delle persone in maniera virtuale, ti regala un po’ di tempo per fare ginnastica (nei mesi di chiusura delle palestre in molti hanno fatto attività fisica in casa), tempo per fare una chiacchierata al telefono. Il lavoro agile non ci farà diventare tutti obesi, brutti e internet dipendenti. Il lavoro agile ci permette di gestire la vita in maniera diversa.

L’indagine

Di recente uno studio sulla popolazione afferma che, il sessanta per cento della popolazione nazionale, ha voglia di cambiare lavoro dopo aver provato per mesi lo smartworking. Certo, lavorare da casa non è per tutti e non è da tutti ma, i numeri fanno riflettere. In tempi di crisi economica e sociale, gli italiani hanno voglia di cambiare lavoro per iniziare un lavoro agile che possa permettere loro di gestire meglio famiglia e figli. Il restante quaranta per cento degli italiani invece non vede l’ora di tornare in aziende e ritrovare i colleghi di scrivania.   

Silvestra Sorbera

Silvestra Sorbera, classe 1983, piemontese di origini siciliane, è una giornalista e autrice di racconti e romanzi. Collabora con i giornali online Gocce di spettacolo, Yomamma, Italiapost e Unadonna. Ha pubblicato nel 2009 “La prima indagine del Commissario Livia” e a maggio del 2016 la seconda indagine dal titolo “I fiori rubati” con la casa editrice LazyBOOK e la terza indagine dal titolo "Castelli di sabbia". Nel 2013 ha realizzato la favola per bambini “Simone e la rana”, e il saggio letterario - cinematografico “La forma dell’acqua. Camilleri tra letteratura e fiction”. Nel 2014 pubblica con la casa editrice LazyBOOK i racconti“Vita da sfollati” e a seguire “Sicilia” e “La guerra di Piera” e a dicembre 2016 il romanzo autobiografico “Diario per mio figlio”. A giugno 2016 con la casa editrice PortoSeguo il romanzo “Sono qui per l'amore”. Nel 2017 pubblica il racconto lungo new adult “Un amore tra gli scogli” e la favola “Simone e la rana. Viaggio nel castello stregato”.

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