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Cinquant’anni e non sentirli

Il vecchio, ma inossidabile Charles Darwin impazzirebbe di interesse per noi. Si fermerebbe a indagarci con il proverbiale rigore scientifico, ponendosi un sacco di domande, tornando a osservarci più e più volte. E chissà se sarebbe in grado di tirare conclusioni, descrivendo correttamente il nostro universo.

Perché noi, donne appartenenti a quello straccio di terra di nessuno che è stata la “Generazione X”, siamo davvero un fenomeno peculiare, a tratti sfuggente, per necessità imprevedibile.

Siamo quelle antropologicamente meno attraenti, schiacciate dalla personalità granitica, tradizionalista e ingombrante delle “Baby Boomers”, sbeffeggiate, bruciate senza pietà e superate in tutto dalle “Millennials”.

Insomma, siamo la generazione dello scetticismo, quella che ha assistito ai crolli storici, alle escalation di reali epidemie e di presunte pandemie, ai crac finanziari, allo sgretolarsi delle certezze della ricostruzione. Siamo la generazione che ha messo in discussione il ruolo centrale della famiglia e contemporaneamente ha applicato un involontario controllo delle nascite.

Ad un certo punto, nel mezzo del cammin di nostra vita, ci siamo ritrovate anche sole. Sole a raccogliere i cocci di una storia andata male, sole a cercare soluzioni per ricominciare daccapo. Sole a contemplare il tempo che se ne andava via veloce, lasciandoci sul volto un po’ di segni, qualche piega un pochino amara e nella testa un po’ di caos.

Ma se c’è una cosa nella quale siamo campionesse mondiali è la capacità di reazione. Versiamo lacrime fino all’ultima goccia, poi in quattro e quattr’otto ci tiriamo su le maniche e ricostruiamo. In coppia o anche da sole, senza alcuna differenza. Vi siete mai chieste il motivo di tanta intraprendenza? Fermatevi un attimo e provate a rispondere: quale è stato il nostro modello da bambine? La mamma? Barbie? Ma no… è stata lei, l’autogestita, casinista e irriverente Pippi Calzelunghe!

Ve la ricordate Pippi? Lei, appena ragazzina, badava già a sé stessa: una problem solver da manuale. Ne combinava di cotte e di crude, ma ce la faceva sempre e da sola, senza uomini che corressero a soccorrerla. Il papà se ne stava in giro per i mari, la madre forse era morta o forse chissà, insomma sta di fatto che quella testina calda (anche per via del colore dei capelli) trovava sempre la soluzione ai suoi impicci.

Pippi era una specie di femminista formato mignon, ma non fondamentalista. Era una femminista dallo spirito critico. Ci suggeriva di continuare senza indugio per la nostra strada, ci insegnava che le difficoltà di percorso non sono ostacoli, ma momenti di riflessione e poi di ripartenza. 

Quante volte ci siamo fermate e poi siamo ripartite in tutti questi anni? Sicuramente non riusciremmo a contarle. A volte è accaduto senza che ce ne accorgessimo. Altre volte, provandoci ci siamo del tutto perse. In qualche occasione siamo riuscite a dominare il cambiamento. Ma se ci guardiamo alle spalle e torniamo al punto di partenza, probabilmente ci chiederemmo come sia stato possibile riuscire ad evolvere così velocemente e così drammaticamente. Volete un esempio emblematico? Siamo nate e cresciute in analogico, ora viviamo e pensiamo in digitale.

Insomma, ce l’abbiamo fatta, tutte quante. Magari ignorandoci l’un l’altra, perché l’attitudine a non fare squadra è propria delle “Generation X” girls, ma fin qui siamo arrivate.

Siamo alla soglia dei cinquant’anni o li abbiamo superati da poco. Un traguardo cruciale, bellissimo, ricco di contenuti e aspettative, timori, speranze e malinconie. Un compleanno che mette in soggezione, non gli altri, ma noi stesse, come se quel numero avesse bisogno di un esorcismo.

Perché i cinquant’anni sono prima di tutto un compleanno “di testa”. La nostra mente alimenta il corpo di energia positiva e lo mantiene in forma, vitale, raggiante, ben disposto alla vita. Togliamoci quindi dalla testa l’idea di non aver più molto da dire e buttiamo alle ortiche quei luoghi comuni tipici di chi è vecchio dentro.

La cosa non sarà affatto facile. I media off e online non hanno molta pietà di noi. I magazine femminili ci vogliono eterne ragazze, delle Dorian Grey in gonnella, alla ricerca della giovinezza eterna, della fissità, dell’appiattimento verso i trent’anni. Internet invece si trasforma in un “pronto soccorso” virtuale, aperto 24/7, perché secondo la rete, a cinquant’anni ti trasformi, come per disincanto, in un rottame da aggiustare. Come dire, una donna vitale, ancora energica e nel pieno delle sue risorse derubricata a individuo bisognoso di cure. Siamo davvero così? La risposta è ovvia: NO!

Redazione UnaDonna

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