Scalogni glassati al Marsala.
Pensate agli scalogni come ad un coro di voci bianche e birichine: sono una cosa (aglio) ma si comportano sostanzialmente come un’altra (cipolla). Una volta glassati possono essere antipasto o contorno, vi salvano la vita quando non sapete con cosa fare il soffritto, ad esempio se siete intolleranti all’Allium Cepa (sempre cipolla!) o se quest’ultimo è finito. Allo scalogno, uno chef del calibro di Carlo Cracco ha persino dedicato un libro (Se vuoi fare il figo usa lo scalogno, Rizzoli).
Gli scalogni hanno la pestifera abitudine di svignarsela in fondo al cesto degli odori e di fare “cucù!” solo quando avrete rovistato sotto alle patate, vi sarete fatte le righe nere di terra sotto le unghie e avrete già pensato di suonare alla vicina.
Del resto ve la dice lunga il fatto che si chiamino Allium Ascalonicum dalla città filistea dove nacque Erode e che, dalla stessa etimologia, arrivi la scalogna – quella nera – di quando l’ultimo negozio d’alimentari vi sbatte la porta in faccia alle 19 e 30 in punto. Se vi dovesse capitare, però, correte con il pensiero all’eroina di Tennyson, la Lady of Shalott, che morì d’amore sul suo isolotto, il cui nome ricordava troppo da vicino quello degli shallots (gli scalogni in inglese): chi è, dunque, la più scalognata?
Se la ricetta vi ispira ma gli scalogni no, sostituiteli con cipolline borretane.
[Il racconto e la ricetta sono tratti da In cucina con i tacchi a spillo, Guido Tommasi Editore]
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