A volte, basta un solo assaggio per rievocare il ricordo di una vacanza o per accendere il desiderio di un nuovo viaggio. Questo, per esempio, può accadere ogni volta che si mangia una crêpe.
I negoziati di Montmartre, a Parigi, le abitazioni rosate che costeggiano le strade di Tolosa, le larghe piazze di Lione e i vicoli angusti della vecchia Marsiglia: passeggiando tra le strade e i boulevard di una città francese, è facilissimo (per fortuna) imbattersi in una crêperie. Dolci o salate, lisce o farcite (dal salmone alla nutella), le crêpes sono sempre buonissime. Tra tutte le varianti possibili di questa ricetta, però, quella della crêpe suzette resta la più famosa e apprezzata nel mondo.
Il nome “crêpe” deriva dall’aggettivo latino crispus che era utilizzato dai Romani per parlare di qualcosa dalla forma ondulata o arricciata. Non sono stati però i cuochi dell’Antica Roma a inventare questo piatto che, invece, fa la sua prima comparsa nel Medioevo. Solo una piccola ma curiosa differenza: nella ricetta dell’impasto, al posto del latte, troviamo acqua e vino. A quel tempo, c’era l’abitudine che i mezzadri, i coltivatori, offrissero questi piatti al proprietario delle terre che coltivavano come gesto della loro fedeltà.
Ma torniamo alla crêpe suzette. La ricetta che tutti noi conosciamo oggi è frutto di un errore compiuto nelle cucine del noto chef Auguste Escoffier (creatore di un altro dessert golosissimo, la péche Melba, pesca Melba) a fine Ottocento. Un giovane apprendista, per sbaglio, versò sulle crêpes richieste del futuro re Edoardo VII, l’allora principe di Galles, ospite al Monte Carlo Café di Parigi, una dose eccessiva di Grand Marnier. Il ragazzo si accorse dell’errore quando il dessert prese fuoco. Tuttavia, il principe apprezzò quest’inconsapevole variante e si dice che rinominò la ricetta col nome della donna che stava pranzando con lui: Suzette.
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