Il parrozzo è il tipico dolce preparato in Abruzzo durante le festività natalizie. Per prepararlo si utilizza il classico stampo dello zuccotto, che gli conferisce la sua particolare forma a cupola. Elegante e goloso, dall’intenso gusto di mandorle, il parrozzo ha una preparazione piuttosto semplice. Dopo aver montato in una ciotola i tuorli con lo zucchero, basta, infatti, aggiungere tutti gli altri ingredienti, mescolare bene ed è fatta.
L’unico passaggio che richiede un po’ di attenzione riguarda il montare gli albumi a neve, che devono poi essere incorporati all’impasto con movimenti dal basso verso l’alto. Una volta cotto, sformato e fatto raffreddare, il parrozzo andrà, infine, posizionato su di una gratella e ricoperto con cioccolato fuso.
La nascita del parrozzo è datata 1920, anno in cui viene per la prima volta preparato a Pescara dal pasticcere Luigi D’Amico. A ispirarlo è un pane rustico di colore giallo intenso, preparato dai contadini abruzzesi con farina di granoturco. Era anche detto pane rozzo, da cui il nome “pan rozzo” e poi “parrozzo”.
Il pasticcere sostituisce la farina di mais con uova e semolino e aggiunge all’impasto mandorle tritate per riprodurre la particolare consistenza della pagnotta. Infine decide di ricoprire la cupola dolce con cioccolato fuso in modo da imitare la crosta bruciacchiata tipica del pane cotto nel forno a legna. Sembra che il primo ad assaggiare il dolce abruzzese sia stato Gabriele D’Annunzio, che ne rimase talmente da colpito da dedicargli addirittura un madrigale, ” La canzone del parrozzo”.
La ricetta originale del parrozzo prevede, tra gli ingredienti, anche una piccola quantità di mandorle amare, le armelline, che possono, però, essere tranquillamente sostituite da qualche cucchiaio di liquore alle mandorle, l’Amaretto di Saronno. Ma che cosa sono le mandorle armelline? Sono i semi contenuti nel nocciolo delle albicocche e non sono da confondersi, anche se all’apparenza simili, con le mandorle dolci, che sono, invece, i frutti della pianta del mandorlo.
Se in piccole quantità le armelline sono commestibili, è sconsigliato consumarne troppe. Il motivo? Contengono l’amigdalina, una sostanza che conferisce loro il tipico gusto amarognolo ma che soprattutto, una volta introdotta nel nostro organismo, viene scomposta e trasformata in acido cianidrico, simile al cianuro.
Non è, a dire il vero, un puro caso che i semi dell’albicocco contengano una sostanza nociva ma è tutta una questione di sopravvivenza. È, infatti, per garantire la propria discendenza che la pianta di albicocco inserisce sostanze nocive all’interno dei propri semi, che non vengono, così, mangiati dagli animali e potranno dare vita a nuove piantine. Oltre che nella preparazione del parrozzo, in pasticceria le armelline vengono utilizzate, sempre in modiche quantità, anche nella preparazione degli amaretti.
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