Dalla nostalgia per il passato a riflessioni filosofiche e scientifiche, fino al "funerale della moda", il secondo giorno della Milano Fashion Week FW 2016-2017 dispensa un'emozione dietro l'altra.
È un secondo giorno di sfilate ricco di suggestioni quello della Milano Fashion Week FW 2016-2017. Tra echi del passato, ispirazione artistica, riflessioni filosofiche e scientifiche, le collezioni si susseguono in una teoria fantastica di volumi, forme e colori, fino a un epilogo amaro e autoironico – non a caso “orchestrato” da Jeremy Scott – che le vede bruciare in un allegorico “falò delle vanità”.
Dopo un primo giorno che è stato un vero e proprio viaggio nel tempo, anche il day 2 della Milano Fashion Week si apre all’insegna del passato con le suggestioni costruttiviste e dadaiste del primo dopoguerra di Max Mara e prosegue poi con la nostalgia per un periodo in cui tutto sembrava possibile e forse lo era davvero: gli anni ’90.
A mettere in scena i “Nineties” è Ennio Capasa, che costruisce per Costume National una collezione autunno-inverno 2016-2017 caratterizzata da giacche e cappotti dal design pulito e minimale in contrapposizione a modelli destrutturati, morbidi e oversize, gonne, pantaloni, top e abiti fluidi e alcuni divertissement come blazer con maniche lunghissime. I colori sono cupi, seppure accesi dal baluginio di fili argentati e dalla brillantezza del velluto, e tutti i look sono pervasi da una sorta di malinconia che sottolinea il rimpianto per qualcosa che è stato e non c’è più.
Capasa dice di preferire la “moda lenta”, ma cristallizzare un’epoca e un genere rischia alla lunga di nuocere anche al suo stile, che resta comunque bellissimo ed elegante.
La commistione tra arte e moda è fortissima in queste Fashion Week FW 2016-2017, come dimostrano tra le altre le sfilate di Prabal Gurung a New York e di Peter Jensen a Londra, e alla Settimana della Moda di Milano a portarla in passerella è I’m Isola Marras. Lo stilista sardo sceglie infatti come musa l’artista russa Lilya Brik, che negli anni ’20 (altro tema “caldo” di stagione) vive un’intensa storia d’amore con il poeta Vladimir Majakovskij. Il risultato è una collezione che ha i suoi signature look in calzature di foggia maschile, stampe, decori e disegni costruttivisti, sovrapposizioni e tagli sbiechi che tratteggiano una femminilità forte, ma allo stesso tempo delicata e sognante.
Miuccia Prada opta invece per un approccio filosofico e manda in passerella look che vogliono rappresentare il “vissuto” di ogni donna, quello che è stata e che ha fatto e che la ha resa ciò che è. “Abbiamo bisogno di capire chi siamo ora… Forse è utile guardare indietro ai diversi momenti specifici, alle difficoltà, all’amore, alla mancanza di amore, al dolore, alla felicità, alle tante donne [che siamo state]: sexy, noiose, viaggiatrici”. Un concetto complesso, sviluppato con la collaborazione dell’artista Christophe Chemin in capi che mescolano maschile e femminile, erotismo e ingenuità, pragmatismo e sogno, romanticismo e sensualità, in un altro emozionante (capo)lavoro della stilista.
Dopo l’arte e la cultura, sulle passerella della Settimana della Moda di Milano sale anche la scienza, grazie alla proposta FW 2016-2017 di Fendi. Karl Lagerfeld infatti costruisce la collezione della maison romana interamente intorno al concetto di onda. Ecco dunque volant, ruches, arricciature, increspature e linee ondulate di ogni genere dare forma e sostanza a cappotti, giacche, pellicce, abiti, camicie, top, gonne e pantaloni incredibilemente movimentati e pieni in uguale misura di forza e di grazia.
A chiudere il secondo giorno di sfilate di Milano Moda Donna FW 2016-2017 è Jeremy Scott, che dopo avere attinto all’estetica delle cowgirl per la collezione del suo brand omonimo presentata alla New York Fashion Week, per Moschino effettua un cambio di regime concettuale e stilistico che è una critica ironica del sistema. Ma non solo. La nuova collezione infatti è anche un omaggio allo stile di Franco Moschino, la cui forza creativa e di rottura compare in passerella con una vitalità che fa correre un brivido lungo la schiena. Ma che cosa ha combinato stavolta l’enfant terrible della moda?
Ebbene, con un scarto improvviso e inaspettato (o no?), Scott ha scelto di ispirarsi al “falò delle vanità”. Non quello del libro del 1987 di Tome Wolfe, ma il fatto storico avvenuto del 1497 a Firenze da cui lo scrittore ha preso ispirazione per il titolo della sua opera. Il risultato è una collezione che mescola elementi fetish, stile biker e suggestioni infantili con un effetto decadente, trasgressivo e “triste”. Tra abiti simbolicamente “bruciati”, vestiti-lampadario e donne dalla sessualità manifesta, la proposta Moschino AI 2016-2017 celebra una sorta di funerale della moda, delle sue pretese, della sua arroganza, della sua esistenza effimera. In una parola, delle sue vanità.
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