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Pre-termine, a quante settimane si può partorire senza rischi

Il parto è sempre un’incognita con la quale ciascuna donna dovrà confrontarsi. Potrebbe essere pre-termine oppure superare le quaranta settimane.
Solo in caso di parto cesareo si conosce la data di nascita, per quanto questa venga definita quasi a ridosso e in base a considerazioni da parte del medico che valuterà lo stato generale di mamma e bambino.
Il parto pre-termine costituisce un rischio per la salute del bambino. Cerchiamo di saperne di più sul concetto di prematurità, sulle cause e su come evitarlo.

Definizione di parto pre-termine

La durata di una gravidanza può variare dalle 38 alle 42 settimane. I neonati che vengono al mondo prima delle 38 settimane sono considerati pre-termine.
La prematurità del bambino può essere più o meno grave a seconda che il termine anticipi o superi le 38 settimane. Quanto più ci si allontana dalle 38 settimane tanto meno sarà grave o preoccupante la prematurità del neonato.

Possibili cause

Il parto pre-termine può essere causato da diversi fattori, tra cui: infezioni, eccessiva fatica fisica, fumo, alcool, droghe e traumi.
Al giorno d’oggi la prevedibilità di un parto pre-termine è maggiore grazie ad alcuni strumenti che permettono di individuare e monitorare eventuali segnali. Così da intervenire nelle giuste tempistiche. Casi di infezione, la presenza di febbre alta, perdite vaginali biancastre o anche eventuali alterazioni delle condizioni fetali o degli esami emato-chimici possono rappresentare segnali anticipatori di un parto prematuro.

Possibili controlli

A tal fine, diventa importante per una gestante effettuare controlli regolari così da fare attenzione alla comparsa di sintomi o segnali “sospetti”. È importante effettuare esami specifici e seguire una terapia adeguata che permetta di allungare i tempi e, quindi, le settimane di gestazione.
Un caso di nascita prematura può essere evitato grazie a un prolungamento “forzato”. Per esempio, se si verificasse la rottura delle membrane amniotiche e la perdita di liquido amniotico si potrebbe procedere alle amnio-infusioni. Consistono nell’iniettare in utero un liquido simile a quello amniotico e che permette di tenere il feto in un ambiente liquido.

Falsi miti

Nonostante i notevoli progressi raggiunti dalla medicina neonatale, qualsiasi parto prima del termine può comportare un rischio. Se il parto si verificasse tra le 24 e le 27 settimane i rischi sarebbero altissimi.
È andato, inoltre, diffondendosi il falso mito delle 36 settimane. Ossia il termine entro cui una donna sarebbe fuori pericolo. Va però precisato che questo periodo gestazionale non costituisce una “certezza”. Per il bambino sussisterebbero rischi di tipo respiratorio, metabolico e neurologico maggiori rispetto a un parto giunto a termine.
Tra le 37 settimane +0 giorni e le 42 settimane +0 giorni, il bambino perfeziona la maturazione di alcune funzioni come, appunto, quelle respiratorie, acquisisce peso e si posiziona per il parto.

E se si supera di tanto il termine?

Nel caso di gravidanze che proseguano oltre le 41 settimane (cioè da 41 settimane +0 giorni) o in quelle in cui si manifestino specifiche indicazioni cliniche, si rende necessario il monitoraggio della gravidanza con l’esecuzione della cardiotocografia (tracciato per la valutazione del benessere fetale). E della valutazione ecografica della quantità del liquido amniotico (AFI).
In questa fase, potrà essere proposto lo “scollamento delle membrane” allo scopo di ridurre la necessità di induzione farmacologica del travaglio. Lo scollamento delle membrane avviene durante la visita vaginale e può provocare fastidio, dolore, lieve sanguinamento e può essere causa della rottura accidentale delle membrane.
Generalmente il travaglio viene indotto entro 42 settimane +0 giorni perché il proseguimento della gravidanza risulta essere più frequentemente associato a condizioni di sofferenza e mortalità fetale.

Barbara Vaglio

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Barbara Vaglio

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