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Il presepe vivente a scuola: un’occasione

Il presepe vivente dei bambini può non essere solo un momento in cui guardare loro e cosa hanno preparato a scuola, ma un’occasione anche per noi di riprendere coscienza di cosa sia il Natale e del senso di questi giorni, che altrimenti diventano solo più frenetici del solito.

Un impegno in più

I giorni prima del Natale sono per tutti un delirio di impegni. Se poi hai dei figli il delirio è amplificato dal fiorire di iniziative e feste, saggi sportivi e musicali, aperitivi e cene da incastrare, soprattutto se i figli sono più di uno.
In tutto questo correre, la scuola di mio figlio, III media alla San Tommaso Moro di Milano, ha organizzato per la prima volta un presepe vivente. Le preoccupazioni per gli impegni, il freddo, la fatica, sono state spazzate via dal suo entusiasmo e desiderio. Sabato mattina, di solito dedicato ad un buon sonno ristoratore dopo le alzatacce della settimana, si è alzato senza brontolii,  cosa non scontata, ma, meraviglia ancora più grande, quando abbiamo alzato la tapparella, ci ha invaso uno strano tepore. Un regalo così non ce lo aspettavamo: un sole non certo invernale, una luce calda che subito ha rinvigorito i nostri sensi e ci ha fatto sentire oggetto di una preferenza speciale. Le previsioni, quelle degli uomini, davano tempo brutto.
Arrivati a scuola, lui è entrato. Per noi qualche momento di attesa, l’occasione di due chiacchiere con gli altri genitori. All’apertura del grande cancello i nostri “mugugni” sulla durezza del quotidiano sono svaniti di fronte ad una scenografia originale e curata: teli e ombrelli aperti ricostruivano la scena dell’annunciazione.
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Il percorso

La prima tappa è solo per i ragazzi delle medie: alle prime erano state affidate le scenografie e i personaggi, alle seconde i canti, alle terze le letture, come solisti e in coro, di alcuni brani scelti. Con poche, semplici parole, don Carlo Romagnoni, che per anni ha insegnato religione in questa scuola, ci indica le ragioni di questo gesto e subito dopo ci mettiamo in cammino per le strade del quartiere, accompagnati da due zampognari professionisti che si sono resi disponibili ad aiutarci. Da dietro le finestre si possono intravedere alcuni volti incuriositi; alcune persone si fermano per la strada. Un attimo. Forse, giusto il tempo di una memoria. Qualche automobilista da segni di nervosismo, ma anche lui non può per un attimo non vedere quello che sta accadendo.
Dopo una seconda breve tappa, arriviamo al Campo Colombo, che si trova nelle vicinanze della scuola. Qui siamo accolti da un vero e proprio popolo di fornai e pescivendoli, mercanti e artigiani, bottegai e decoratori di ceramiche, persino da un autentico maniscalco.
I bambini della primaria con le loro maestre, nella vivacità e concretezza delle scene proposte rendono viva per tutti la presenza del Signore. Il loro volto, come del resto anche quello dei ragazzi delle medie, esprime la consapevolezza di ciò che stanno facendo: non è uno spettacolo, è una immedesimazione.
L’ultima scena è allestita nella porta da calcio, trasformata in grotta. [dup_immagine align=”alignnone” id=”72287″]
Mentre appaiono una stella cometa con una lunga coda, più vicina alla terra che al cielo, e tanti piccoli angeli azzurri della scuola dell’infanzia, ascoltiamo un canto e alcuni ragazzi che si alternano nel leggere cose forse più grandi di loro, ma il cui seme resterà nel cuore pronto a germogliare al momento giusto. All’arrivo dei Magi, don Carlo ci ricorda che il Signore si è fatto uomo come noi, per farsi compagno alla nostra vita, non per risolvere i nostri problemi, ma per diventare nostro amico e che questa amicizia è per tutti.
Noi abbiamo il compito di dirlo a tutti e forse con questo gesto abbiamo cominciato a dirlo a qualcuno, oltre che sicuramente a ridircelo a noi.
Di tutti gli impegni pre-natalizi questo è stato sicuramente il più utile, perché ha permesso di dare un senso a tutti gli altri.

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