Bambini bambole (Pixabay)
Un nuovo studio dell’Università di Cardiff, finanziato da Barbie, ha dimostrato che il gioco con le bambole può stimolare lo sviluppo delle abilità sociali nei bambini, anche in quelli con tratti autistici. La ricerca, durata tre anni, ha coinvolto 49 bambini, tutti tra i 4 e gli 8 anni, di cui 27 maschi e 22 femmine, con diversi profili neuroevolutivi.
I neuroscienziati hanno monitorato l’attività cerebrale dei bambini mentre giocavano con le bambole e con i tablet, sia da soli che in gruppo, usando una tecnica di neuroimaging non invasiva chiamata spettroscopia nel vicino infrarosso. Hanno scoperto che il gioco con le bambole attivava una regione del cervello chiamata solco temporale posteriore superiore (pSTS), che è coinvolta nell’elaborazione delle informazioni sociali ed emotive, come l’empatia. Hanno, invece, registrato una diminuzione durante il gioco individuale con il tablet.
Questo effetto si verificava sia quando i bambini giocavano da soli che in compagnia, e sia per i bambini con comportamenti tipici che per quelli con comportamenti neurodivergenti, comunemente associati all’autismo. I ricercatori hanno anche osservato che i bambini con lievi o maggiori tratti autistici usavano il gioco con le bambole in modi diversi per riprodurre scenari sociali e sviluppare competenze relazionali.
Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers in Human Neuroscience, è il primo a esaminare gli effetti del gioco con le bambole sul cervello dei bambini con e senza autismo. I suoi risultati suggeriscono che il gioco con le bambole potrebbe essere un’attività inclusiva e benefica per tutti i bambini, indipendentemente dalla loro neurodivergenza.
“Lo studio evidenzia l’importanza di riconoscere e valorizzare la neurodiversità, cioè i diversi modi in cui funziona il cervello dei bambini, e di approcciare lo sviluppo sociale in modo inclusivo e accogliente per tutti i bambini”, ha dichiarato la dottoressa Catherine Jones, direttrice del Centro di ricerca sull’autismo del Galles presso l’Università di Cardiff e co-autrice dello studio. “Considerando tutti i modi in cui i bambini scelgono di giocare, possiamo creare un ambiente più inclusivo e di sostegno per il loro sviluppo”.
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