Da quasi trent’anni alla clinica Mangiagalli, la più grande maternità di Milano, c’è un luogo che accoglie donne in situazioni difficili, spesso giovanissime o straniere, che poste di fronte alla prospettiva di un aborto volontario, al di là di ogni calcolo e “buon senso” sentono dentro di sé un rifiuto, e cercano dapprima una parola e poi un sostegno e un aiuto concreto per trovare il coraggio di diventare mamme. Un sostegno che ha il volto di Paola Bonzi, consulente familiare e fondatrice del Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli, nato nel novembre del 1984, a pochi anni dall’approvazione della legge 194, proprio nell’ospedale nel quale era stato aperto il primo ambulatorio per l’interruzione volontaria della gravidanza.
Da allora il CAV Mangiagalli ha visto nascere più di 15 mila bambini; «una piccola città», commenta Paola Bonzi, che riassume il complesso lavoro svolto dall’associazione in una frase: «Accogliamo una donna per aiutarla ad accogliere un bambino».
In 29 anni di attività le donne incontrate dagli operatori del CAV Mangiagalli sono state quasi 19 mila. A breve, però, potrebbero non essercene più, perché il centro rischia di chiudere a causa delle gravi difficoltà economiche in cui si trova.
Crescono le richieste ma mancano i fondi
Gli operatori dell’associazione sono decisi ad assicurare il sostegno economico promesso alle 2.700 mamme attualmente in carico. Le altre donne che busseranno alla porta del Centro di Aiuto alla Vita Magiagalli, però, già dal mese da giugno potrebbero trovarla chiusa, e l’ultima parola sulla loro fragile speranza di veder nascere un figlio potrebbe essere “No, non ci sono i soldi”.
Come sostenere il Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli
Il CAV Mangiagalli raccoglie infine tutto ciò che può servire a un neonato, dai pannolini agli alimenti fino agli indumenti e alle attrezzature, anche usati purché in buono stato. Nel caso in cui vengano organizzate raccolte di tali materiali, gli operatori del centro sono disponibili a occuparsi del ritiro.