babywearing
Di che cosa parliamo oggi? Ma certo, di babywearing! Ecco di che cosa si tratta.
Vi sarà capitato di guardare qualche bel documentario sull’Africa in cui campeggiava la figura di una donna forte in abiti tipici locali che tornava con l’acqua dal pozzo o coltivava i campi con il suo bimbo legato alla schiena collocato in una fascia chiamata kanga.
Questa pratica ancestrale oltre che in Africa è molto diffusa anche in Asia e India, specie nelle comunità in cui la donna deve provvedere a diverse attività di sopravvivenza della famiglia mentre accudisce il proprio piccolo.
La mamma, con una manovra sicura, posiziona il suo bambino (che è fatto aderire bene con la pancia) sulla schiena, gli adagia sopra la stoffa che viene ben stretta e fatta passare sotto le sue ascelle per poi essere legata davanti sul torso, lasciando le spalle libere.
In pratica stiamo parlando di babywearing, alla lettera indossare il proprio bimbo, pelle contro pelle, con l’ausilio di supporti ergonomici e fasce (morbide o rigide).
In Occidente il marketing e la pubblicità ci hanno spinto per anni verso scelte differenti: utilizzo smodato di carrozzine, passeggini e porta enfant. Ultimamente però specie nelle grandi città piene di smog e di barriere architettoniche si è riscoperta questa pratica antica: legare a sé il proprio pargolo per avere mani libere per svolgere mansioni di casa, lavorare al pc e svolgere mille incombenze quotidiane. Ad esempio chi abita in uno stabile non dotato di ascensore attribuisce a fasce e marsupi un potere salvifico.
Il babywearing apporta molteplici benefici sia all’infante sia alla madre. Prima di tutto ricrea per il neonato un ambiente simile a quello del grembo materno. Il neonato viene trasportato in una posizione assolutamente naturale, cuore a cuore con la mamma, di cui sente il battito e il respiro. E qui il secondo beneficio, meno traumi da distacco e pianti. Cullato in fascia dorme sereno perché in un habitat ovattato e sicuro, dove respira un senso di tranquillità e relax. Inoltre va da sé che questo tipo di trasbordo crea empatia tra mamma e bebè.
La mamma tiene sempre sotto controllo il piccolo e svolge molte mansioni mentre lui è “in presenza” sotto il suo sguardo amorevole. E dunque il terzo beneficio: secondo gli esporti “il portare” aiuta a prevenire la depressione post partum poiché la vicinanza con il bambino stimola la produzione di ossitocina, ormone anti-depressivo che facilita l’allattamento.
Dal punto di vista pratico l’uso della fascia o del supporto ergonomico distribuisce meglio il peso del bambino che altrimenti peserebbe su collo, schiena e soprattutto ginocchia, ovviamente lascia anche le mani libere consentendo alle donne maggiore autonomia.
Molte mamme ad esempio con il babywearing riescono a fare attività fisica e a spostarsi in autonomia. Per il bambino i benefici fisici sono notevoli: migliora lo sviluppo neuro-motorio, favorisce il corretto sviluppo delle anche, affina l’equilibrio, ottimizza i fastidi causati da reflusso gastroesofageo e dalle coliche, evita che il neonato respiri gas di scarico delle auto, facilita il sonno, disincentiva la plagiocefalia, ossia l’appiattimento del capo dovuto all’appoggio prolungato del piccolo durante il sonno nel passeggino.
Ovviamente anche tanti papà amano portare il loro bambino e questo non fa altro che potenziare il loro legame specie per i bambini nati prematuri o con disabilità.
A fronte di tanti benefici, ahimè, il babywearing, in fascia o in marsupio, presenta anche dei contro che per fortuna non sono tanti. Uno su tutti il costo in quanto si tratta di prodotti certificati, realizzati nel rispetto delle più elementari norme di sicurezza e con materiali di qualità.
Quindi vi consigliamo di contattare prima dell’acquisto una consulente del portare. Si tratta di una figura preziosa di supporto che saprà illustrarvi e farvi provare, magari anche a domicilio, vari tipi di fasce e supporti. In tal modo troverete il più adatto a voi e alla vostra corporatura. Idem per il bambino.
A seconda della sua età e fisiologia sarete convogliate verso un prodotto piuttosto che un altro. Altro contro la possibilità che il bambino cada e si faccia male: questo può accadere in caso di danneggiamento o per colpa della nostra inesperienza, se annodiamo male la fascia o chiudiamo male le cinghie del marsupio esponiamo il nostro piccolo ad un grande pericolo.
Qualcuno parla di rischio Sids in fascia: ovvero della sindrome della morte in culla. In realtà gli esperti hanno più volte spiegato che la fascia è sicura e non soffoca il bambino purché sia indossata correttamente. La fascia non causa nella maniera più assoluta la Sids.
Il babywearing può essere praticato dai genitori sin dalla nascita, ovviamente i pediatri consigliano di non andare oltre i 3 anni, momento in cui va abbondonato ogni supporto anche il passeggino, per far camminare il bambino autonomamente sulle proprie gambe. Vediamo qui i vari tipi di fasce e supporti a seconda dell’età dell’infante e della fisiologia dei “portatori”.
Al di là dell’impegno e della volontà, al di là dei consigli che riceviamo dobbiamo tener bene chiaro in mente che fasce e marsupi vanno usati in totale sicurezza. Ecco alcune norme da seguire per non incorrere in cadute o altri incidenti:
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