Topinambur
Il topinambur è una pianta edibile che molti italiani hanno riscoperto negli ultimi anni. È sempre più presente, infatti, sia tra gli scaffali dei supermercati che nei menu di molti ristoranti. Ma di cosa si tratta esattamente?
Le origini del topinambur (nome botanico Helianthus Tuberosus) sono un mix di storia e leggenda. La pianta è originaria del Canada e del Nord America, luoghi in cui gli indigeni già la coltivavano prima della scoperta del Nuovo Mondo. Il noto esploratore Samuel de Champlain scoprì il topinambur durante una spedizione nella zona di Cape Cod (a sud di Boston).
Durante la spedizione, l’esploratore assaggiò molti piatti tipici della zona, tra cui una pietanza cucinata con il topinambur, che apprezzò fin da subito, pensando però che si trattasse di un carciofo. Per questo motivo, il topinambur in America venne ribattezzato il “carciofo di Gerusalemme” (Jerusalem artichoke).
Il topinambur viene ancora oggi definito carciofo di Gerusalemme. Tuttavia, questa pianta non ha origine in questa città e non è scientificamente classificabile come un tipo di carciofo. Questo alimento è semplicemente un tubero simile alla patata, che richiama il tartufo, la curcuma e lo zenzero nell’aspetto, i carciofi e le bietole nel gusto.
Il nome topinambur, invece, deriva dalla francesizzazione del nome della tribù brasiliana dei Tupinambà, che utilizzava questo tubero in grandi quantità. Questo ortaggio da tubero, inoltre, è conosciuto nel mondo con altri nomi:
Nel corso dei secoli, in quanto a popolarità tra le masse, il topinambur ha avuto alterne fortune. Dopo la sua scoperta, si è diffuso rapidamente anche nei Paesi europei (soprattutto Francia, Gran Bretagna e Germania). Altrettanto rapidamente, poi, è stato dimenticato, in seguito all’arrivo in Europa di un tubero tra i più consumati al mondo: la patata.
Semplice da coltivare e perfetta per essere inserita in numerose ricette, la patata ha infatti causato una drastica riduzione nel consumo di topinambur. Quest’ultimo è poi ricomparso gradualmente negli Usa a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, dove questa volta è stato chiamato “sunchoke”. Negli anni più recenti, infine, il topinambur è tornato in voga anche in Europa, dove oggi viene consumato in vari modi.
Uno dei motivi della “riscoperta” del topinambur è legato senza dubbi alle sue proprietà nutritive. Il topinambur, ad esempio, è ricco di inulina, una fibra alimentare solubile simile all’amido delle patate, che viene però metabolizzata a livello del colon.
Questa sua caratteristica lo rende un prezioso alimento probiotico, che favorisce la digestione e lo sviluppo di batteri utili, come bifido-batteri e lattobacilli. L’apporto di questi ultimi nella microflora intestinale rende il topinambur un alimento spesso indicato per le donne in gravidanza o durante la fase di allattamento, in quanto bifido-batteri e lattobacilli contribuiscono a stimolare la produzione del latte materno.
Il topinambur, inoltre, è ricco di vitamine: in particolare le vitamine A, E, C e quelle del gruppo B. Senza dimenticare, poi, il notevole apporto di sali minerali: magnesio, potassio, calcio, ferro, fosforo, rame, selenio, manganese e zinco. Insomma, un vero ricostituente per l’organismo. Tra gli aminoacidi, invece, sono presenti: arginina, lisina, fenilalanina, metionina, triptofano e altri ancora.
Non è tutto. Il topinambur è indicato anche per i celiaci, in quanto naturalmente privo di glutine. Il topinambur contiene poi un principio attivo amaro che stimola la secrezione della bile e dei succhi gastrici. Per questo motivo, favorisce e sostiene sia lo stomaco che l’intestino durante la digestione.
In aggiunta, grazie al suo contenuto di acqua e fibre, agisce come un lassativo naturale, quindi è un prezioso alleato contro la stitichezza. Il basso indice glicemico di questa pianta, infine, la rendono indicata anche per chi soffre di diabete e ipercolesterolemia.
Se molti dei benefici del topinambur sono legati alla presenza di inulina, questo stesso fattore, a determinate condizioni, può causare anche dei problemi, in particolare a carico dell’apparato digerente. L’inulina, infatti, è una sostanza capace di richiamare acqua nel lume intestinale.
Il topinambur, se consumato in quantità elevate o da soggetti sensibili, può dunque causare gonfiore addominale, produzione di gas e meteorismo. Il topinambur, inoltre, deve essere evitato anche da chi è allergico alle asteracee. Le conseguenze potrebbero essere anche gravi, come dermatiti e scompensi gastrointestinali.
I nutrizionisti consigliano di consumarlo crudo, ad esempio tagliato a fettine e servito in pinzimonio. Oppure come ingrediente di un’insalata mista, condita con olio evo, succo di limone e prezzemolo. Se, invece, vuoi provare a cuocerlo, puoi bollirlo o cucinarlo al vapore. Ricorda di togliere la sottile pellicina che ricopre la radice e di tagliarlo a cubetti. Il topinambur non deve essere pelato, ma solo spazzolato dopo un accurato lavaggio sotto l’acqua corrente.
Inoltre, questo tubero può essere utilizzato in molte preparazioni tipiche delle patate: al forno, fritto, in purea o saltato in padella. Presta attenzione, però, ai tempi di cottura. Se cuoci il topinambur troppo a lungo, l’inulina si trasforma in fruttosio, formando una poltiglia insapore e gelatinosa. Ecco i corretti tempi di cottura a cui fare riferimento: 10-15 minuti (vapore o bollitura); 45 minuti (al forno); 6-7 minuti (in padella).
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