L’intolleranza alimentare è considerata una reazione avversa ad alcune proteine alimentari. Questa reazione può essere quantificata attraverso il dosaggio di uno specifico gruppo di anticorpi, quelli della classe G (o IgG). Scopriamo come gestire l’intolleranza al lievito.
Le intolleranze si distinguono dalle allergie perché, a differenza di queste ultime, non coinvolgono il sistema immunitario, ma solo il metabolismo e sono dose dipendenti.
Difatti sono legate una carenza di un determinato enzima digestivo o al non corretto funzionamento della microflora intestinale.
I sintomi si manifestano dopo l’accumulo di sostanze non tollerate dall’organismo e compaiono con un certo ritardo rispetto all’assunzione del cibo. Una delle intolleranze più diffuse è quella al glutine, insieme a quella al lattosio.
L’intolleranza al lievito di birra (semplicemente detto lievito, presente in commercio sotto forma di panetto o secco, in granuli) è più precisamente una reazione avversa all’introduzione di alimenti o bevande che lo contengono.
I lieviti, in generale, sono un gruppo di funghi formati da un unico tipo di cellula eucariota. Il lievito di birra è il Saccharomycescerevisiae, impiegato da migliaia di anni per la produzione di vino, pane e birra.
Agisce fermentando il glucosio presente nella farina e negli altri cereali o nella frutta, producendo anidride carbonica (responsabile delle alveolature del pane e delle bollicine di vino e birra) ed alcool (che evapora durante la cottura).
È presente anche nella flora batterica intestinale dell’uomo, insieme a lieviti del genere Candida, Aspergillus e Penicillium, oltre anche ad altri appartenenti al genere Saccharomyces.
Il lievito di birra, come noto, è presente in moltissimi alimenti: pane, focacce, pizza, prodotti da forno, alcuni dolci, birra, vino.
Si distingue dal lievito madre o pasta madre, un impasto di farina e acqua acidificato da un complesso di lieviti e batteri lattici del genere Lactobacillus, in grado di avviare la fermentazione e di produrre acidi organici.
Questa associazione consente una maggiore crescita del prodotto e una maggiore digeribilità e conservabilità. Entrambi sono lieviti naturali, diversi dal lievito chimico, una polvere composta da bicarbonato di sodio a cui vengono aggiunti fosfati acidi, amido di mais e acido citrico.
I sintomi dell’intolleranza al lievito di birra sono comuni a quelli delle intolleranze ad altri alimenti: sensazione di gonfiore e pesantezza, stichezza e diarrea alternate, meterorismo, cefalea, squilibri metabolici non ben speficicati.
Il trattamento consigliato suggerisce di disinfiammare la mucosa intestinale e potenziare le difese immunitarie. Chi si occupa abitualmente di intolleranza suggerisce un periodo di eclusione o wash out dai prodotti lievitati per la durata di 7-14 giorni, con successiva graduale reintroduzione di questi alimenti, un alimento diverso ogni 3 giorni.
Una volta reintrodotti tutti gli alimenti, continuare a consumarli con moderazione. Nel periodo di wash out eliminare dalla dieta qualsiasi fonte di lieviti (anche quello madre e quello chimico) e i prodotti fermentati:
Assumere, in contemporanea, dei probiotici (fermenti lattici) che rinforzano il sistema immunitario. Per chi la tollera, si può abbinare dell’Echinacea, che agisce anch’essa sul sistema immunitario.
Nel periodo di esclusione, ma anche successivamente alternativamente ai prodotti lievitati, si hanno a disposizione diversi prodotti commerciali senza lieviti.
Si tratta di:
Ricordarsi, infine, che il modo migliore per combattere le intolleranze è una alimentazione varia ed equilibrata, composta da:
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