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Ipocondria: mi aiuti, dottor Google!

Imparare a interpretare le sensazioni corporee in modo corretto è fondamentale per familiarizzare al meglio con il proprio corpo e gestire con razionalità tutti i tipi di malessere, dalle patologie più gravi all’innocuo benché antipatico reumatismo. Ma quanto siamo realmente bravi in questo compito? Sarà capitato a tutti, prima o poi, di spaventarsi particolarmente per un dolore, di avanzare una diagnosi affrettata o esagerare un sintomo. Per una considerevole fetta di popolazione, queste semplici ingenuità rappresentano invece un vero e proprio disturbo psicologico, conosciuto come ipocondria.

Cos’è l’ipocondria?

La parola ipocondria significa letteralmente “sotto la cartilagine del diaframma” e anticamente si riferiva a dolori intercostali o addominali che più tardi si rivelarono di natura psicosomatica. Le persone ipocondriache si allarmano appena sopraggiunge un lieve malessere, iniziando a sospettare di avere malattie gravi o stare addirittura per morire. Parlare di una malattia con un amico, leggere o sentire un servizio al riguardo in tv, magari anche presentato come fenomeno virale, genera inquietudine nell’ipocondriaco, il quale attribuisce i suoi sintomi a quella particolare malattia. Negli anni zero, grazie a Internet, le persone hanno ricevuto la possibilità di raccontare la propria storia su vari siti e interagire tra di loro sui forum, con lo scopo primario di ricevere consigli e aiutarsi a vicenda. Purtroppo, per gli ipocondriaci, tutto ciò ha rappresentato solamente un modo per “perfezionare” diagnosi errate e alimentare l’ansia, dando origine alla patologia tutta moderna della Cybercondria. In casi come questi, le visite dal medico e le rassicurazioni dei familiari o degli amici passano nettamente in secondo piano rispetto alla sicurezza della propria infallibilità e al parere del dottor Google. L’ipocondriaco, sopraffatto dalla paura, tende ad affidarsi ai primi consigli e alle prime storie in cui si imbatte navigando in rete, attuando una fallace generalizzazione che sembra far corrispondere i suoi sintomi con quelli di utenti realmente malati.

Le cause e i sintomi

Una delle cause dell’ipocondria si può ritrovare nella prima infanzia. Spesso, durante questa età, un genitore rischia di considerare il proprio figlio più debole e bisognoso di cure di quanto in effetti non sia. In tal modo, il bambino da adulto avrà interiorizzato la considerazione e il comportamento del genitore e agirà a sua volta in maniera iperprotettiva con se stesso. Inoltre è possibile che il disturbo si acuisca nelle città molto grandi, in cui vi è maggiore contatto e condivisione tra gli individui e possibilità di contaminazione.

Le cure

L’ipocondria è un disturbo psicosomatico, alimentato dall’ipocondriaco stesso, il quale convincendosi di essere malato, fa sì che il cervello comunichi in modo sbagliato con il resto dell’organismo provocando il cosiddetto effetto nocebo, ovvero l’insorgere dei sintomi della malattia sospettata, tramite autosuggestione. Come primo passo da compiere, si consiglia un consulto con uno psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, il quale si impegnerà a modificare i modelli mentali distorti del paziente e a dirigere verso sbocchi positivi e funzionali i suoi meccanismi di difesa, affinché possa riuscire con le proprie forze ad uscire dal circolo vizioso che lo opprime. Solo in ultima analisi è prevista l’assunzione di farmaci stimolatori di serotonina nel cervello, la quale regola il sonno e il metabolismo e favorisce il ritorno del buonumore, purché sempre accompagnata da un adeguato percorso terapeutico.

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