L’attenzione sull’argomento è stato ridestato di recente, in seguito ad un parere scientifico pubblicato all’inizio di giugno da parte dell’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare e non è dunque di un allarme da prendere sottogamba. Si tratta dei nuovi rilevamenti ed approfondimenti fatti sulla “capacità” tossica e cancerogena dell’acrilammide, quella particolare sostanza chimica che si forma naturalmente nei prodotti alimentari amidacei durante la cottura ad alte temperature. Si tratta di una occorrenza particolarmente subdola, dato che la minaccia si cela non in qualcosa di “contenuto” originariamente nel cibo, ma in una sostanza che si forma “ex-novo” per trasformazione di elementi naturalmente presenti in esso – in particolare zuccheri ed aminoacidi e principalmente un aminoacido detto asparagina – nel corso della frittura o della cottura al forno o alla griglia con temperature superiori ai 120° ed in situazioni di scarsa umidità. Il processo chimico che crea l’acrilammide è noto come “reazione di Maillard” ed è lo stesso che conferisce al cibo quel tipico aspetto abbrustolito che spesso lo rende più appetitoso.
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Inquadrato il problema, è sufficiente scendere nel dettaglio del rapporto fornito dal gruppo di ricerca dell’EFSA per capirne la portata: lo studio conferma le valutazioni precedenti – l’ultimo approfondimento risaliva al 2011 – secondo cui l’acrilammide è un elemento dal forte potere cancerogeno con incidenza particolare sul sistema nervoso, sui reni, sulle ovaie e nell’endometrio, ma anche con possibili effetti negativi sullo sviluppo del bambino sia nella fase prenatale sia dopo la nascita. Inoltre, la particolare diffusione della sostanza in cibi assai comuni – come le patatine fritte, il caffè e tutti i prodotti da forno a base di farinacei, dal pane ai biscotti, dai cereali ai crackers – la rende particolarmente pericolosa per tutte le fasce d’età ma, in particolare modo, per i bambini che si rivelano come la categoria maggiormente a rischio con una incidenza proporzionale rispetto al peso corporeo. L’acrilammide, una volta ingerita, dà origine al metabolita glicidammide nel corso della sua assimilazione da parte dell’intestino: sia l’una che l’altra sono “sospettati” di incidere negativamente sul rischio di sviluppare il cancro o disturbi del sistema nervoso, anche se gli studi sull’uomo, data la relativamente recente scoperta della sostanza, sono ancora limitati e necessitano di ulteriori approfondimenti.
[dup_immagine align=”alignleft” id=”178234″]Altro elemento in grado di alzare l’attenzione sull’argomento è il fatto che sostanze classificate come endotossiche e cancerogene come proprio l’acrilammide, hanno una capacità di danneggiamento del DNA – origine di ogni tumore – dovuta alla loro semplice presenza, indipendentemente dalla quantità di assunzione, cosa che non ha portato i ricercatori a non poter stabilire una soglia minima giornaliera tollerabile. Si tratta dunque di una minaccia “nuova” ed il cui studio, anche a livello di processi di conservazione e trasformazione del cibo in ambito industriale, sta muovendo ora i suoi primi passi. Da ultimo, occorre anche notare che il cibo non è l’unica fonte di possibile contatto con la sostanza: essendo un prodotto di combustione, essa è assai comune anche nel fumo da tabacco, sia attivo che passivo.
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