Il Campione con Stefano Accorsi e Andrea Carpenzano, il film (non solo) sul calcio che ha convinto anche Totti
La storia de Il Campione con Stefano Accorsi e Andrea Carpenzano non è solo quella di un calciatore sregolato da educare, né soltanto un film sul mondo del calcio.
È piaciuto anche a Francesco Totti e lui certamente dell’argomento se ne intende: Il Campione con Stefano Accorsi e Andrea Carpenzano, nelle sale dal 18 aprile per la regia di Leonardo D’Agostini, è un film ambientato nel mondo del calcio, ma non sul calcio. O meglio, non è solo la storia di un campione ricchissimo e talentuoso che non ha regole né disciplina e quella del professore che prova ad insegnargliela, ma è anche uno spaccato della nostra società basata sull’apparenza e la superficialità, certamente amplificato se non esasperato dal contesto calcistico.
Christian Ferro e Valerio (Carpenzano e Accorsi) non potrebbero essere più diversi: uno è l’attaccante di punta della Roma, l’altro un ex professore di liceo con problemi economici, e il secondo non sa nemmeno chi sia il primo. Le loro strade si incontrano quando il presidente della Roma (Massimo Popolizio) decide di costringere il suo campione ribelle e dedito agli eccessi in campo e fuori dal campo a mettere la testa a posto con un ricatto: se non prenderà la maturità dedicando tutto il uso tempo libero agli studi, non sarà più schierato sul campo da gioco. Christian e Valerio sembrano due mondi incomunicabili: uno colleziona auto extra lusso, l’altro guida una vecchia utilitaria, il primo ha un rapporto disinvolto con le donne e il secondo non riesce nemmeno a parlare con la sua ex moglie con cui condivide il lutto di aver perso un figlio, il ragazzo è un idolo delle folle che può permettersi di tutto, il professore invece non riesce a perdonarsi nulla.
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Ma i due hanno anche molto in comune, a partire dalla solitudine: il giovane calciatore sperpera ogni ricchezza lasciando che amici e famiglia vivano sulle sue spalle, soprattutto suo padre, per provare a riempire il vuoto lasciato dalla morte di sua madre venuta a mancare per un tumore, mentre Valerio sembra essersi condannato a restare da solo per il senso di colpa di non aver soccorso subito il suo bambino, morto di meningite fulminante. E soprattutto finiranno per rappresentare l’un per l’altro ciò di cui più hanno bisogno: Valerio diventa una figura genitoriale affidabile e onesta per Christian, mentre lui diventa come un figlio per Valerio.
[dup_immagine align=”alignleft” id=”974881″]Il film è concepito come un romanzo di formazione arricchito da una critica ai modelli sociali dell’era digitale: il lusso esibito, la necessità di cercare l’approvazione degli altri, l’esposizione mediatica della propria vita sui social, il binomio apparenza/realtà che diventa una forbice sempre più larga, come ha ricordato Stefano Accorsi in conferenza stampa. Carpenzano si è ispirato ai campioni sregolati alla Balotelli o alla Cassano per interpretare questo giovane apparentemente superficiale e certamente ignorante, ma dotato di generosità, cuore e un cervello che va solo stimolato nel modo più giusto per lui, come prova a fare Valerio, inventandosi un metodo di studio basato sulla memoria visiva e riuscendo laddove tutti avevano fallito. Il rapporto tra i due è il vero motore del film, opera prima di D’Agostini (prodotta da Matteo Rovere e Sydney Sibilia) che si è ispirato a classici come Il Sorpasso o Will Hunting per questo suo debutto al cinema con una storia in cui, al di là del contesto calcistico, chiunque potrà trovare una chiave di identificazione. Forti e decisivi anche i personaggi femminili, che si rivelano quelli capaci di agire in modo più autentico e pratico degli uomini.
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Il film, dicevamo, è piaciuto anche a Francesco Totti che lo ha visto in anteprima in una proiezione privata e speciale con Ilary Blasi. E lo ha apprezzato molto, visto che a fine film ha rivelato al regista e agli attori che il mondo del calcio per un giovane talento ricoperto di soldi e di responsabilità “è proprio così” come raccontato in questa storia. Il film risulta anche credibile nelle parti ricostruite con la grafica per riprodurre le giocate sul campo da calcio nello stadio Olimpico, solitamente le più difficili da realizzare quando si decide di raccontare una storia che prevede anche il calcio giocato seppure in minima parte.
Attraversato da un’ironia tagliente, il film alterna il registro della commedia a quello profondamente drammatico passando con intelligenza dall’uno all’altro. Unica pecca, la trama risulta prevedibile nelle sue svolte principali, che non sorprendono certo lo spettatore ma sono comunque funzionali a trasmettere il messaggio del film, ovvero che la sfida più grande per tutti è quella con se stessi, coi propri limiti, con le proprie paure, su tutte quella di restare soli e di non essere mai abbastanza per gli altri.
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