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Morta Amalia Litta Modignani: una vita al servizio degli altri

Ci sono persone che usano la propria posizione, o la famiglia dalla quale provengono, la loro ricchezza o il loro “peso sociale” per aumentare il proprio potere, la propria influenza, per creare lobby o semplicemente arricchirsi ancora di più. Ci sono altri, invece, non molti in verità e per questo fanno forse meno notizia, che invece usano quelle stesse “fortune” per metterle al servizio degli altri, in modo quasi “naturale”, come fosse assolutamente ovvio, senza cercare pubblicità o le prime pagine dei giornali. Quando ci si imbatte in persone così si resta come minimo stupiti, spesso ammirati, a volte increduli. Una di queste insolite figure era Amalia Litta Modignani o, come quasi tutti la chiamavano, la “Marchesa Lia” che si è spenta lunedì 6 gennaio a 97 anni nella sua casa di Milano. Eccentrica, mondana, amante delle feste dei vestiti sgargianti e dei tacchi alti che non lesinava assolutamente mai, ha speso tutta la sua vita al servizio degli altri, per il “volontariato” nel senso più alto del termine: si può dire che non ci sia vicenda della sanità italiana nel dopoguerra che non sia legata al suo nome. Instancabile, sempre lucidissima, fino all’ultimo. L’ultima sua richiesta : “donazioni, non fiori…”

Protagonista per settant’anni del volontariato milanese

[dup_immagine align=”alignleft” id=”74508″]Una donna unica, carismatica ed eccentrica, autoritaria eppure dolce: le porte di politici, medici, industriali e prelati erano per lei sempre aperte, senza bisogno di appuntamenti: ma esercitava il suo fascino solo ed esclusivamente quando si trattava di sostenere progetti nuovi, cercare fondi, aiutare malati e pazienti. Di lei si raccontano innumerevoli aneddoti: usciva dalla Scala dopo aver assistito ad uno spettacolo con la sua consueta impeccabile eleganza, ma invece di salire sulla macchina saltava sulla bicicletta per tornare al Pronto Soccorso ad assistere i malati. Usando indebitamente la sua auto di lusso importava dalla Svizzera, praticamente contrabbandandoli, i farmaci anti-rigetto quando anche in Italia cominciarono i primi trapianti di organi. Nel Policlinico di Milano un padiglione intero è dedicato a lei, che già negli anni ’50 animava l’ospedale con le sue iniziative e le sue idee, spesso avanti con i tempi: scalpore suscitò ad esempio quando nel dopoguerra organizzò spettacoli di prostituite ammalate di sifilide perché lei, come si definiva era “la volontaria di tutti”. Oppure come quando, da membro della Commissione “esterna” dell’Ospedale Maggiore di Niguarda, inventò letteralmente il concetto di assistenza sociale negli ospedali, perché il paziente non è solo un “caso” da curare, ma prima di tutto una persona.
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Una vita tra “champagne e carità”

Amalia Litta Modignani era nata a Busto Arsizio nel 1916 e la sua era una delle più nobili e potenti famiglie di Milano, ultima proprietaria privata del Palazzo che ancora oggi porta il suo cognome. E’ stata filantropa e incarnava in modo quasi “enciclopedico” la figura del benefattore o, se volete, del mecenate della carità. Premio Grandi Donne del Comune di Milano 2009, quando aveva 93 anni ed era attiva esattamente come settanta anni prima, per il suo contributo diretto e indiretto a tutte le maggiori istituzioni ospedaliere della città. Insignita della Medaglia d’Oro al Merito della Repubblica da Carlo Azeglio Ciampi, si dice che fosse l’unica persona che potesse entrare nell’ufficio di Giulio Andreotti senza essere annunciata e senza preavviso. Si dice che avesse litigato con il Cardinale Carlo Maria Martini perché lei, tradizionalista convinta, voleva continuare a pregare ad alta voce in latino in tutte le chiese. Si dice che lei, anticomunista da generazioni, durante i picchetti del ’68 potesse passare tranquillamente in mezzo ai manifestanti che si scostavano dicendo “lasciate passare la marchesa”. Una vita incredibile, divisa fra champagne e carità. Una vita che non ha lasciato un vuoto dietro di sé. E che, si dice, la Marchesa si sia lasciata scivolare via dalle mani per raggiungere la figlia Cristina, che aveva continuato la sua opera negli ultimi anni, morta pochi mesi fa per un tumore.

Anna Invernizzi

Classe 1972, cinque figli e una vita intensa. Laureata in Economia, impiegata, scrivo per passione su tutto quello che mi interessa. In particolare creo contenuti a tema cucina e lifestyle.

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Anna Invernizzi

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