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Morire per una polizza. Quando le donne vogliono essere solo regine di cuori

Nell’Ottocento per le donne maritate (la maggioranza, perché sappiamo quanto fosse sconveniente essere zitelle) occuparsi del proprio patrimonio era di fatto vietato. Ci voleva l’autorizzazione maritale per “alienare beni immobili, sottoporli ad ipoteca, contrarre mutui, cedere o riscuotere capitali, costituirsi sicurtà, transigere o stare in giudizio relativamente a tali atti”.

Quando eravamo “quattro niente”

Un secolo buio in cui noi donne eravamo quattro niente: niente istruzione, niente professione, niente soldi, niente diritti. L’accesso alle Università ci era precluso e quindi anche esercitare molte professioni (medico, magistrato, avvocato). Guadagnarsi da vivere per le donne sposate era lecito ma i soldi andavano al marito.
Una donna non poteva divorziare. Quindi se lasciava il tetto coniugale perdeva tutto: proprietà, figli (era in vigore la patria potestà) e il diritto di mantenersi, visto che quello che guadagnava era del coniuge.

Il re dei tuoi denari

Oggi a oltre un secolo di distanza, ci sono ancora molte donne che rinunciano a occuparsi del proprio patrimonio. Donne laureate che svolgono professioni remunerative. Come la trentina Daniela Sabotig, farmacista, proprietaria di diversi immobili e di un cospicuo patrimonio, precipitata con la sua auto in una scarpata in Val di Ledro nella notte tra il 4 e il 5 febbraio 2014. Un incidente? Non secondo gli inquirenti. Che non escludono l’omicidio. Ivan Zucchelli, l’amico del cuore di Daniela, finisce in manette. Esaminando il suo pc emerge che l’uomo, a cui Daniela aveva delegato l’intera gestione del suo patrimonio, faceva ricerche su Google su “quanti sono gli incidenti stradali in Italia”, “sovradosaggio Valium”, “quanto impiegano le assicurazioni a liquidare un decesso da infortunio”, “beneficiario di assicurazione”.

Già perché Zucchelli era beneficiario di due polizze vita contratte da Daniela. Ma non solo.
La Sabotig gli aveva dato una procura per vendere i suoi immobili, user e password per accedere ai suoi conti in banca, accesso alla carta di credito e alla sua posta personale. Secondo il pubblico ministero è stato Zucchelli a uccidere Daniela Sabotig. Per poter mettere le mani sui suoi beni di cui aveva un gran bisogno poiché Zucchelli versava in gravi difficoltà economiche, come è stato rilevato dagli inquirenti.

Perché solo regine di cuori?

Daniela Sabotig ha gestito le proprie finanze come una donna dell’Ottocento. Un errore che le è costato la vita secondo gli inquirenti. Un modo anacronistico di rapportarsi al suo patrimonio delegandone totalmente il controllo a una terza persona. “Regina di cuori ti vesto di fiori – cantavano i Liftiba – ti giuro l’amore ma non l’eterna fedeltà”. Soprattutto quando ci sono i denari di mezzo.
“Nel corso della storia – ammonisce Kim Kiyosaki nel libro Rich Woman – si è insegnato alle donne a essere finanziariamente dipendenti da qualcun altro per il proprio benessere finanziario, ed è quanto ci si è aspettato da loro. Oggi potrebbe essere pericoloso trovarsi in questa situazione”. Anche senza arrivare al caso estremo di Daniela Sabotig.

Il denaro è libertà stampata

Daniela un secolo e mezzo fa non sarebbe potuta diventare farmacista perché le donne non potevano iscriversi all’università (la prima donna farmacista in Italia si laureò nel 1902). Ma ha scelto di mettersi in una condizione di estrema dipendenza economica come sarebbe stata costretta a fare nell’Ottocento, quando non avrebbe avuto alternative. La farmacista trentina, però, delle alternative le aveva, ma come molte donne nei confronti del denaro aveva forse una sorta di “buco nero psicologico” per cui considerava occuparsi del proprio patrimonio qualcosa di “altro da sé”. Errore.

Occuparsi del proprio denaro è fondamentale per essere veramente libere e poter scegliere. Come dice la guru d’oltreoceano Suze Orman, autrice del bestseller Woman and Money, “i soldi sono un’emanazione di sé: lasciare che a occuparsene siano gli altri è come demandare la gestione di una parte della propria vita”.

Tante donne hanno lottato perché avessimo il diritto di studiare, svolgere professioni prestigiose e remunerative, guadagnare denaro e avere il diritto di amministrarlo e investirlo. Oggi che abbiamo questo diritto, è un dovere esercitarlo. Ne va della nostra vita.

Per ogni chiarimento e domanda, scrivete a:  roberta.rossi@soldiexpert.com

SoldiExpert

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