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Maracanaço: l’incubo sportivo, e non solo, di ogni brasiliano

La ferita è ancora aperta, apertissima nonostante siano passati qualcosa come 64 anni. In Brasile è vissuto come una vera e propria sciagura nazionale. Tutto lo chiamano Maracanaço, ovvero la tragedia del Maracanà, l’immenso stadio di Rio de Janeiro che ospiterà anche la prossima finale del Campionato del Mondo 2014 e che ospitò quella fatidica del 16 luglio 1950 fra i padroni di casa del Brasile e l’Uruguay nella quarta edizione dei Campionati del Mondo di Calcio. E’ forse per riscrivere la storia, scacciare questo incubo e cancellare quest’onta che il Brasile ha fortemente voluto lìorganizzazione del Mondiale, un’onta che nemmeno le cinque vittorie successive sono riuscite del tutto a riscattare. La storia diventa leggenda nel ripercorrere quello che fu una delle più incredibili vicende sportive e di costume di ogni tempo. Quel Mondiale in Brasile aveva un vincitore designato: la nazionale bianca e blu – solo dopo il Maracanaço la Federazione decise di cambiare il colore delle maglie in verde e oro – che aveva appena dominato il Campionato Sudamericano del 1949 segnando 38 gol in sei partite e battendo in finale l’Uruguay 5-1. E così alla vigilia della finale, vista come una pura formalità, la nazione intera si preparava a quello che era considerato un trionfo annunciato. Caroselli di giubilo e tifosi festanti sfilavano per le vie di città e paesi fino a notte fonda e a Rio fu improvvisata una edizione “straordinaria” del Carnevale. Furono stampate e vendute un milione di magliette con scritto Brasil campeão 1950, mentre il più importante giornale del paese O Mundo stampò in prima pagina una foto della squadra nazionale con la scritta: Estes são os campeões do mundo (Questi sono i campioni del mondo).


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La leggenda di Alcides Ghiggia

E poi venne la partita: duecentomila spettatori – si proprio duecentomila, un record tuttora imbattuto ed imbattibile – nell’immenso stadio Maracana di Rio de Janeiro, costruito di fresco e tappezzato di scritte Homenagem aos campeões do mundo (Omaggio ai campioni del mondo), assistettero ai discorsi trionfalistici delle autorità tenutisi prima dell’inizio dell’incontro. Una vera bolgia accolse i giocatori della “celeste” uruguayana, bersaglio di petardi e fischi durante il riscaldamento. L’imponderabile però aveva l’aspetto apparentemente gracile e dimesso di Alcides Ghiggia, grande ala dell’Uruguay che giocò a lungo anche in Italia, e la classe e l’eleganza di Pepe Schiaffino, straordinario antesignano di quelli che oggi si chiamano fantasisti. I due confezionarono le reti con cui l’Uruguay rimontò l’iniziale gol brasiliano di Friaça: Ghiggia, unico giocatore ancora in vita di quella partita commemorata a Montevideo con una toccante cerimonia lo scorso novembre, superò il portiere brasiliano Moacir Barbosa, per anni indicato dai brasiliani come il responsabile della disfatta e che ne diventerà il pubblico capro espiatorio. Quello che accadde dopo è surreale: il silenzio calò nello stadio e la leggenda vuole che dieci persone morissero di infarto sugli spalti, mentre due si tolsero la vita gettandosi nel vuoto. La premiazione fu annullata e il presidente della FIFA Jules Rimet consegnò la coppa al capitano dell’Uruguay Obdulio Varela nella confusione generale, rincorrendolo all’uscita degli spogliatoi, dove la squadra uruguaya riparò di corsa, prima di ritornare in tutta fretta a Montevideo. In Brasile furono proclamati tre giorni di lutto nazionale, furono certificati 34 suicidi, alimentati anche dal fatto che molti avevano scommesso somme ingenti sulla vittoria del Brasile. O Mundo titolò “la Nostra Horoshima, la peggiore tragedia nella storia del Brasile”. La Nazionale non giocò più alcuna partita per oltre due anni. Ecco il Maracanaço, la più inenarrabile disfatta della Seleçao ed il peggior incubo di ogni brasiliano.


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Photo Credit: Arthur Boppré

Anna Invernizzi

Classe 1972, cinque figli e una vita intensa. Laureata in Economia, impiegata, scrivo per passione su tutto quello che mi interessa. In particolare creo contenuti a tema cucina e lifestyle.

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Anna Invernizzi

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