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L’Uomo Montano: istruzioni per l’uso

Per le tante appassionate di montagna, ecco una breve analisi antropologica di una specie che popola le cime e che pare entusiasmarci particolarmente: l’Uomo Montano.

A seguire, una breve guida e alcune istruzioni sommarie per l’avvicinamento del soggetto che, anzitutto, si può dividere in due sottocategorie, affini, ma differenti nei tratti per fenomenologia: il maschio autoctono montano e il montano trapiantato in città.

Il primo ha cominciato a farsi crescere la barba a vent’anni e se la taglia solo se è particolarmente di buon umore o se si deve sposare: sembra un hipster ma in realtà porta la barba lunga da tempi non sospetti; lo zaino, che ha sempre con sé, non viene da un negozio second hand ma è un caro ricordo del bisnonno alpino nella Brigata Cadore. L’uomo di montagna è vintage – senza inganno – e mai si sognerebbe di mostrare una caviglia scoperta nemmeno se fa caldo, perché: “Non lo sai che in questa stagione ci sono le vipere in amore?”.

L’uomo di montagna, trapiantato in città, fa un figurone: ha un’andatura più morbida e atletica dei cittadini puri – “questa mattina sono andato al lavoro da Monza a Baggio di corsa, altrimenti domenica non sono in forma” – e l’abbigliamento tradisce la padronanza nell’utilizzo dei tessuti tecnici (molto di moda) nonché uno spregio totale dell’ombrello, anche quando piove a catinelle.
Ovviamente è uno sportivo. Non importa se scia, si arrampica, cammina, corre, salta, vola: non rinuncerà mai allo sport perché – e questa è una cosa bellissima – è connaturato al suo stare al mondo. A tratti è un po’ faticoso seguirlo ma – altro punto a suo favore – è uno degli uomini meno maschilisti che abbia mai incontrato. Se stai al passo, vai bene, anche se sei una donna. Se non stai al passo, sei gentilmente pregata di portargli viveri e fare un tifo sfegatato lungo il percorso del Tor des Géants.
L’unica cosa che vi può rendere invisibili ai suoi occhi, è dimostrare una totale insensatezza nell’abbigliamento: mettetevi una t-shirt bianca e un paio di pantaloncini e sarete a posto. Emotivamente ed esteticamente, il maschio montano è rimasto ai tempi di Baglioni.
In città, farete colpo se sarete informate sui millimetri di precipitazioni nevose previste sui principali rilievi dell’arco alpino. Attente al meteo.

Un’altra faccenda che ai nostri occhi rende prezioso il montano, è lo stato in cui versa la sua macchina: più sporca e disordinata della nostra. La cosa più normale che troverete nel portabagagli, sono le pinze per la batteria e una quantità infinita di corde e attrezzi a voi sconosciuti, solitamente conservati in vecchi sacchetti di plastica. Il cibo – soprattutto tavolette di cioccolato, biscotti, banane annerite, barrette di cereali, acqua – è sparso ovunque, come se avesse almeno quattro figli piccoli da scarrozzare (invece è single, dice). Ovviamente, la cioccolata ce lo rende simpaticissimo.
Quando è in città, nella migliore delle ipotesi gira in bicicletta. State quindi sempre attente alla faccenda del meteo e dell’ombrello, perché se vi riaccompagnerà a casa, lo farà a piedi o portandovi in canna.

Non è a suo agio con la tecnologia, non strettamente correlata alle sue passioni: se gli chiederete di mandargli un whatsapp, lui vi risponderà che non gli serve ma che possiede un ARVA. Come avrete già capito dalle scorte di calorie a rapido utilizzo, è sensibile al cibo ma non aspettatevi che v’inviti a cena: una birra è più probabile. Più di una birra, è indizio di un serio coinvolgimento. Se volete intenerirlo, mettete nello zaino una torta di mele e un thermos di tè: basico, efficace.

Vi ha invitato a passare a casa sua? In città non accadrà mai – non saprete mai nemmeno dove vive – sarà invece ospitale nel suo habitat. Preparatevi a ciò che vi aspetta.
Se è inverno, starete più calde in mezzo alla neve. Per lui, a 12°C, è già confortevole: “tanto sotto il piumone non te ne accorgi”. Malandrino.
Se è estate, vi tirerà giù dal letto alle cinque, per vedere i cerbiatti nel prato. Se non avete il fisico, sopravvivrete al massimo un weekend.
A casa sua, non aprite nessun armadio o qualsiasi porta sconosciuta che possa portare a un ripostiglio: il suo concetto d’ordine casalingo è identico a quello applicato in macchina. Verreste inghiottite da una valanga di aggeggi e lui non vi cercherebbe, ricordandosi che è ora di fare birdwatching.

L’ultimo punto è la vita sentimentale. Io non lo so come faccia, ma le donne tendono a cascargli ai piedi. Secondo me dipende dal fatto che parla pochissimo e annuisce molto, quindi sembra partecipe e attento, limitando statisticamente la quantità di cose sbagliate da poter dire a una di noi.
Sarà anche che è bellissimo anche quando non lo è: niente patina di smog sulla pelle e uno strano affascinante luccichio negli occhi che, qualche volta, sarete tentate di attribuire a un “cicchetto” serale. Sarà anche che è stranamente inodore, nonostante qualche volta le sue abitudini igieniche ricordino quelle degli astronauti – non avvicinatevi troppo se sapete che è stato tre giorni filati ad arrampicare – ed emani sentori muschiati, mimetici con l’ambiente.

Non è monogamo. Ha la tendenza a palleggiarsi le mogli e le fidanzate con gli amici, con grande cavalleria e tenendo i rapporti in una specie di grande famiglia scambista.
Se siete possessive non fa per voi; del resto – se lo siete – un maschio che ama sole stelle e fiocchi di neve, almeno quanto voi, è fuori portata.

Olivia Chierighini

Olivia Chierighini è una giornalista con esperienza decennale nel food e lifestyle. Ha collaborato con numerose riviste di settore e ha tenuto per anni una rubrica di cucina sul settimanale Grazia. La collezione degli articoli è diventata un libro intitolato “In cucina con i tacchi a spillo”. Ama occuparsi di cibo, cultura, società e varia antropologia. C’è chi dice sia una gran chiacchierona: lei preferisce definirsi un'ottimista. Per una dose quotidiana di humour, potete seguirla sul suo blog personale OliviaQuantoBasta.

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Olivia Chierighini

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