In mostra a Torino "MIRÓ! Sogno e colore"
Grazie al generosissimo prestito della Fundació Pilar i Joan Miró a Maiorca – che conserva la maggior parte delle opere prodotte dall’artista catalano nei suoi ultimi 30 anni di vita – a Palazzo Chiablese (TO) saranno esposti fino al 14 gennaio 2018 capolavori come Femme au clair de lune (1966), Oiseaux (1973) e Femme dans la rue (1973).
L’opera di Joan Miró ha aperto la strada a una nuova concezione della pittura basata su un linguaggio visivo, fisico e materico, e su codici pittorici innovativi che portarono un importante cambiamento nella pratica artistica contemporanea, dando una direzione nuova all’arte del XXI secolo e influenzando le generazioni successive di pittori, scultori e incisori in tutto il mondo.
Miró! Sogno e colore – ben 130 opere di grandi dimensioni e olii – presenta la produzione legata indissolubilmente all’isola di Maiorca dove, negli anni ’60 e ’70, si dedicò a temi prediletti come donne, uccelli e paesaggi monocromi.
A questi si aggiungono i lavori degli ultimi anni – quelli della pittura materica, fatti con le dita, e dal colore steso con i pugni spalmando gli impasti su compensato, cartone e materiali di riciclo – e le sculture, frutto delle sperimentazioni che fece con diversi materiali, collage e “dipinti-oggetto”.
A Maiorca, Mirò realizzò, tra il 1956 e il 1983, il suo più grande desiderio: poter creare in un ampio spazio tutto suo, in uno studio dove lavorare protetto dal silenzio e dalla pace che solo la natura poteva offrirgli. Questo studio unico è stato ricostruito scenograficamente all’interno degli spazi di Palazzo Chiablese con gli oggetti originali appartenuti all’artista. La Fundació Pilar i Joan Miró custodisce una collezione donata dall’artista e da sua moglie che conta 5000 pezzi e che conserva ancora (nel bianco edificio inondato di luce sospeso nel verde che era il suo studio) pennelli, tavolozze e attrezzi del mestiere rimasti lì dal giorno in cui è morto, come lui li aveva lasciati.
La mostra è divisa in 5 sezioni. La prima racconta il legame tra Miró e la natura, da cui scaturisce la passione per le manifestazioni artistiche delle culture primitive, la pittura rupestre, i dipinti preistorici, l’arte precolombiana e i Moai dell’Isola di Pasqua. Nella seconda sezione si approfondiscono le influenze artistiche sull’opera di Mirò, dalla pittura astratta americana alla cultura Zen giapponese. La terza sezione è dedicata a Maiorca mentre la quarta si occupa della “metamorfosi plastica“. Tra il 1955 e il 1959 Miró mette da parte la pittura per dedicarsi quasi esclusivamente alla ceramica, all’incisione e alla litografia. Quando riprende, nel 1959, il suo linguaggio cambia e intensifica il grado di espressività con una potenza comunicativa che rende sferzante tutta la produzione degli anni ’60.
Invece, nella fase finale a cui è dedicata la quinta sezione, Miró riduce notevolmente i motivi iconografici per raccontarci invece di un solido universo e le sue stelle, di nude linee femminili e di figure falliche, di personaggi ibridi in opere costellate da teste, occhi e uccelli. L’artista semplifica anche i colori della sua tavolozza e il suo vocabolario si riduce a una piccola rosa di argomenti – in cui la natura ha un ruolo primario – e le forme si semplificano in una straordinaria varietà di combinazioni.
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