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Il padre d’Italia è un potente viaggio nei sentimenti tra precarietà e miracoli

Paolo e Mia ne Il Padre d'Italia, dal 9 marzo al cinema
Paolo e Mia ne Il Padre d'Italia
Luca Marinelli è Paolo ne Il Padre d'Italia
Isabella Ragonese è Mia ne Il Padre d'Italia
Paolo e Mia ne Il Padre d'Italia
Isabella Ragonese è Mia ne Il Padre d'Italia
Il viaggio di Mia e Paolo ne Il Padre d'Italia
Luca Marinelli è Paolo ne Il Padre d'Italia

Il padre d’Italia arriva nelle sale italiane quasi in sordina e senza la pompa magna che meriterebbe: non è passato dai grandi festival o dai circuiti che contano, ma potrebbe davvero rivelarsi uno dei migliori film italiani dell’anno.

La nuova opera di Fabio Mollo, con protagonisti Luca Marinelli e Isabella Ragonese, esce il 9 marzo in tutte le sale, prodotto da Bianca e Rai Cinema e distribuito da GoodFilms.

[dup_immagine align=”alignleft” id=”233504″]Road-movie intenso e drammatico, ma accompagnato da un sottile filo di ironia, affronta temi diversi ma tutti inestricabilmente legati tra loro: Il padre d’Italia è innanzitutto un ritratto della precarietà, nel suo senso più ampio, quella dei sentimenti, quella del lavoro, quella che si traduce in incertezza sul futuro. Una precarietà rappresentata dalla storia dei due protagonisti: Paolo, omosessuale trentenne che conduce una vita solitaria quasi nascosto all’ombra di se stesso, e Mia, una problematica ed appariscente giovane donna al sesto mese di gravidanza, con una vita completamente sregolata. Due personaggi agli antipodi, diversi in tutto, a partire dalla provenienza: lui torinese, riservato e ordinario, lei calabrese, ribelle e piena di vita. Quando si incontrano per caso in una discoteca e Mia sviene tra le braccia di Paolo, comincia un lunghissimo viaggio che li porterà ad attraversare l’Italia e allo stesso tempo a scoprire se stessi. Apparentemente così diversi, Paolo e Mia scopriranno di avere invece tanto in comune. Lei è una madre single (che non sa chi sia il padre di sua figlia e in realtà nemmeno le importa saperlo) proprio come era la madre di Paolo; lui è cresciuto in un orfanotrofio senza mai davvero conoscere sua madre e quando incontra Mia con la vita che cresce dentro di lei comincia a pensare di poter avere qualcosa che non ha mai neanche saputo di desiderare, una famiglia. Si può essere genitori anche se la natura sembra spingerti in un’altra direzione? Si può essere omosessuali e padri anche se la società (e le tue stesse categorie mentali) non lo considera ancora “accettabile”? Essere genitori fa davvero parte dell’essere umano? Paolo arriva a pensare di poter avere una famiglia con Mia, di poter restare a Reggio Calabria trovando per la prima volta quel nucleo familiare tradizionale, forse oppressivo, ma certamente rassicurante, che non ha mai avuto, interrogandosi su quale futuro sia possibile per lui (mentre il suo ex Mario sembra perfettamente risolto nella scelta di crearsi una famiglia sfidando ogni pregiudizio).

Nel viaggio di questi due giovani da Nord a Sud dell’Italia si esplorano senza generalizzazioni una serie di interrogativi sull’amore. Il modo istintivo con cui i due personaggi si conoscono è lo stesso con cui pubblico si approccia a loro, senza conoscerne il passato che pian piano viene rivelato a tratti durante il film. Il regista Fabio Mollo, in conferenza stampa, ha spiegato di aver lavorato un anno con gli attori prima di girare, ogni scena è stata discussa e lavorata insieme, c’è stata una lunga ricerca sui personaggi così come sugli altri aspetti dell’estetica del film, dalla scelta delle canzoni giuste per raccontare la generazione di trentenni protagonisti del film alle location individuate nel lungo viaggio al centro della trama. “L’elemento del viaggio è fondamentale, perché una storia d’amore è sempre un viaggio intenso: in questo caso è quello di due sconosciuti, il viaggio aiuta il loro percorso perché è sia geografico ma anche emotivo e sociale. Scendendo verso Sud i personaggi si spogliano dei loro dogmi e si lasciano andare: scoprono che la vita è più forte di quello che credi e che vince sulle tue convinzioni” ha spiegato Fabio Mollo, che sostiene di essersi ispirato a capisaldi del cinema italiano come Una giornata particolare di Scola e Il ladro di bambini di Amelio.

Grande importanza ha l’aspetto musicale: dopo aver visto Luca Marinelli in Lo chiamavano Jeeg Robot esibirsi sulle note di Un’emozione da poco, gli spettatori de Il padre d’Italia non potranno che ripensare a quella scena quando lo ascolteranno cantare i brani di Loredana Bertè, scelta come colonna sonora non solo per “questioni di budget”, ma anche per una coerenza generazionale e stilistica (Mia è calabrese e trasgressiva come lei, ha spiegato il regista). Tra gli aspetti interessanti di questo film c’è anche il fatto che è stato girato in sequenza, cosa ormai praticamente quasi impossibile, seguendo la storia dal principio alla fine: “Io e Luca abbiamo portato materialmente il furgone in Calabria” ha dichiarato Isabella Ragonese, spiegando che Il padre d’Italia è fondamentalmente il viaggio di due angeli custodi che imparano ad amare e prendersi cura di qualcuno.


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Il finale a sorpresa del film è un messaggio potente ed emozionante, che invita a pensare all’amore come qualcosa che va oltre la biologia, la religione, le convenzioni sociali, la sessualità, che supera i vincoli imposti, perché fondamentalmente si tratta di un miracolo e in quanto tale non dovrebbe sottostare a nessuna forzatura.
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Claudia Gagliardi

Lavoro con le parole, soprattutto quelle scritte, sin da quando ho scelto di studiare Comunicazione all’università. Adoro le storie, pensate, raccontate, messe in scena, soprattutto quando attingono da elementi di realtà. Attualmente sono impiegata presso la testata OptiMagazine.com, per cui gestisco il canale Serie Tv e curo la rubrica Serial Stalkers dedicata all’universo delle serie televisive, amministrando anche l'omonima pagina Facebook. Per hobby sono admin della community (Facebook, Twitter, Instagram) Maratoneti di Mentana.

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