“Punk: Chaos to Couture”, la trasgressione va in mostra al MET

Nessun movimento - e nessuno stile - ha ispirato la moda quanto il ribellissimo punk. Che ora si merita una mostra al MET di New York

31/05/2013

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Punk’s not dead. Non solo, ma è di scena niente meno che al MET di New York. Sì, perché il movimento – e lo stile – che più di ogni altro ha influenzato e influenza l’alta moda è proprio questo. Un movimento di protesta e ribellione: sdrucito, strappato, contro. Non stupitevi se all’ingresso di Punk: Chaos to Couture troneggia un manichino vestito Vivienne Westwood che fa un gestaccio ai visitatori.

From New York to London

Curata da Andrew Bolton, del Costume Institute del Metropolitan, la mostra è divisa in varie stanze, a percorrere declinazioni e anime del movimento. Si inizia con “il racconto di due città”: la New York del CBGB di Patti Smith e Blondie – in pieno East Village – e la Londra dove Malcolm McLaren, futuro manager dei Sex Pistols, trapiantò con la moglie – la Westwood – le radici del punk, con tanto di boutique ufficiale al 430 di King’s Road.

Hardware, bricolage, graffiti, deconstruction

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Via poi ai quattro elementi-base del punk: hardware, bricolage, graffiti, deconstruction. Ossia: chiodi e borchie, recupero dei rifiuti come opposizione al consumismo imperante, slogan e denunce sociali, e strappi – con la società e nell’estetica in primis: nelle magliette, nei jeans, nelle giacche. Ognuno recuperato e reinterpretato dall’alta moda. Dolce e Gabbana, Versace, Yves Saint Laurent, Givenchy, Alexander McQueen, Comme des Garçons, Moschino, Karl Lagerfeld: tutti gli stilisti più famosi si sono lasciati ispirare: corpetti in acciaio, cerniere, abiti da sera ricavati da sacchi dell’immondizia, perfino tailleur tutti strappi e buchi.


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Chi ha tradito il punk?

[dup_immagine align=”aligncenter” id=”22776″]Se da una parte alcuni si stupiscono per lo sbarco al MET di una mostra così trasgressiva, altri non perdono occasione per criticare non tanto l’esposizione in sé quanto il trattamento riservato al punk dall’alta moda. Un tradimento, forse, che ha accantonato e poi scartato l’animo ribelle e anti-consumista del movimento e l’ha trasformato in pura merce commerciale. Bolton, da curatore, ha dichiarato che Punk: Chaos to Couture esamina un’estetica, non un atteggiamento. Ma a ben pensarci, viene da chiederselo: siamo sicuri che il punk sia ancora vivo?

Nel dubbio noi ce ne andiamo ad ascoltare un po’ di Ramones, Clash e Sex Pistols. E cerchiamo quel po’ di punk che è rimasto nel nostro cuore e che – dobbiamo dirlo? – speriamo non se ne vada mai. Sheena is a punk rocker, She-e-na is a punk rocker.