A Venezia continuano le proiezioni dei film in concorso, ed ecco per voi la seconda tranche (dei primi abbiamo parlato qui). Piuttosto forte, a dire il vero, sia per tematiche sie per linguaggio. Anche se la palma – ops, il leone – del film “più crudele” di quelli presenti a questa 70esima edizione della Mostra del Cinema se l’aggiudica Moebius, del sudcoreano Kim Ki-duk, ripetutamente censurato in patria e in prima mondiale in Laguna.
Child of God, di James Franco
L’omonimia col romanzo a tinte forti di Cormac McCarthy di ormai qualche anno fa – pubblicato in Italia da Einaudi nel 2000 col titolo Figlio di Dio – non è solo un caso: è proprio dal libro dell’autore americano che James Franco ha tratto il suo film, interpretato da Scott Haze, Tim Blake Nelson e Jim Parrack. La trama? Un serial killer necrofilo che uccide donne per poi stuprarle, e vive in caverne con le sue vittime ed enormi peluche. Non leggero, certamente, ma accolto con applausi fin dalla prima proiezione per la stampa. E con fan in visibilio per il bel regista fin dall’arrivo sul Lido.
Miss Violence, di Alexandros Avranas
Altro film per palati forti: violenza domestica, pedofilia, incesto. Una catena che unisce di un legame morboso e scandaloso tre generazioni di una famiglia. A spezzarla, la nipote undicenne, che si getta dal balcone durante i festeggiamenti del suo compleanno. Inutile specificare che la pellicola al Lido ha scioccato tutti, finale compreso. “Niente happy ending, il finale è a doppio senso: nessuno decide di fermare la violenza, la porta rimane chiusa, perché è la brutta storia che accade accanto a noi e nessuno vuole vedere”, ha spiegato Avranas, alla sua seconda prova da regista.
Tom à la ferme, di Xavier Dolan
Non si tira il fiato nemmeno con la pellicola del regista Xavier Dolan. Un thriller psicologico ambientato nel Quebéc che racconta la storia di un giovane pubblicitario – interpretato dallo stesso Dolan, vero enfant prodige del cinema canadese – che si reca in campagna per assistere a un funerale. Ma lì nessuno sa niente di lui né di che rapporti avesse con il defunto. Tra omosessualità, omofobia, sindrome di Stoccolma.
Parkland, di Peter Landesman
In confronto a questi, Parkland sembra una boccata d’aria buona. Eppure è una ricostruzione storica delle vicende del 22 novembre 1963 a Dallas e dell’assassinio del presidente John F. Kennedy. Il titolo deriva dall’ospedale dove Kennedy venne ricoverato, il Parkland Memorial Hospital. Infermiere, agenti segreti, poliziotti locali: quando le storie di persone comuni entrano nel vortice della Storia. “Come un grande polipo, con più storie che partono e si sviluppano partendo da un unico avvenimento”, ha spiegato Landesman.
Kaze Tachinu, di Hayao Miyazaki
La dolce e commovente storia di un giovane che sogna di diventare pilota e che, senza rendersene conto, diventerà, suo malgrado, una gloria dell’aeronautica giapponese. Tra amore e guerra, e scienza al servizio della guerra. Per dichiarazione dello stesso Miyazaki, si tratta dell’ultimo film del regista giapponese già premio Oscar per La città incantata, oltre che Orso d’oro e Leone alla carriera. Ma Le vent se leve, il faut tenter de vivre: si alza il vento, dobbiamo provare a vivere, come recita la poesia di Paul Valery, già ispirazione per un racconto di Tatsuo Hori.
E con questo siamo a metà dei film in concorso. Ma parleremo anche dei prossimi dieci. Intanto al Lido c’è già chi fa pronostici.